Stéphanie Anne Delcroix
L'Africa nella narrativa per ragazzi: imperialismo, rappresentazione e propaganda1

 

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Sommario
I.
II.
III.
IV.
V.
Letteratura coloniale, letteratura esotica
Romazi coloniali per ragazzi: struttura, stereotipi e singolarità
Colonizzazione, propaganda e geografia
Paradiso insulare e alterità: osservazioni conclusive
Bibliografia


 

§ II. Romazi coloniali per ragazzi: struttura, stereotipi e singolarità

I. Letteratura coloniale, letteratura esotica

Nel saggio Il romanzo coloniale tra imperialismo e rimorso,2 Maria Pagliara si interroga sui topoi del romanzo coloniale italiano prima di darne una definizione che tenga conto sia dell'elemento artistico, sia di quello politico. Si chiede fra l'altro «se includere nella rassegna del "genere" i romanzi scritti prima degli anni Trenta, cioè prima che si avviasse la propaganda vera e propria del regime»3 fascista. Alcuni critici, come Giovanna Tomasello,4 partono da un criterio cronologico e iscrivono nelle cosiddette "letteratura esotica" e "di terre lontane" gli scritti degli anni Venti e quelli pubblicati prima del fascismo. Tra i "veri romanzi coloniali", inseriscono invece i testi successivi, i quali contengono una propaganda colonialista esplicita. Pagliara, invece, preferisce tener conto dello scopo degli autori di tali testi, includendo nella categoria gli autori «convinti di scrivere opere coloniali».5

Qui si adotterà la classificazione suggerita da Martine Austier Loutfi, che in Letteratura, esotismo, colonialismo6 propone una distinzione netta tra i testi apparsi fra il 1871 e il 1890, che considera "esotici", e quelli detti "coloniali" scritti dopo il 1890, cioè dall'inizio della colonizzazione ufficiale dell'Eritrea in poi.

I testi che compongono il corpus qui esaminato appartengono alla letteratura per ragazzi e furono pubblicati fra il 1920 e il 1942: Il re fanciullo di Arnaldo Cipolla (1920); Volontario in Africa. Racconti di guerra per i ragazzi del Tenente Anonimo (1935); Genietti e sirenelle in A.O. di Nonno Ebe (1936); Africanelle. Fiabe di Olga Visentini (1937); Soldatini d'ogni giorno di Salvator Gotta e Olga Visentini (1938); Pinocchio istruttore del Negus racconto di un autore anonimo (1939); Piccolo legionario in Africa Orientale di Salvator Gotta (1940); I due paggi di Giana Anguissola (1942).7

 

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II. Romazi coloniali per ragazzi: struttura, stereotipi e singolarità

Per molti aspetti, i romanzi coloniali per ragazzi somigliano a quelli per adulti. Maria Pagliara spiega che negli ultimi è ricorrente una struttura narrativa a quattro tappe.8 La fabula comincia spesso con la partenza del protagonista che lascia l'Italia per un "altrove". Così avviene in Volontario in Africa: in una «Presentazione», un narratore di primo livello, detto Tenente Anonimo, pretende di rapportare gli aneddoti di guerra narratigli dal nonno. Il nonno diventa poi narratore di secondo livello e narra le sue avventure in prima persona.9 Nel capitolo iniziale, il nonno spiega come si arruolò volontario, nel 1885:

«dovevo essere congedato quale soldato della classe 1862, quando sentii parlare di reclutamento di volontari bersaglieri per l'Africa. Io, senza troppo chiedere consigli a casa e quanto meno alla fidanzata, mi feci mettere nell'elenco dei partenti».10

Si nota una decisione simile, impulsiva e impetuosa, in Piccolo legionario in Africa Orientale: prima da parte del Signor Marra, che si arruola affidando Pierino, suo figlio di undici anni, alla sorella; poi da parte dello stesso Pierino, protagonista del romanzo, che prima di fuggire scrive agli zii una lettera dai toni decisi e patriottici:

«Carissima zia Anna e carissimo zio Charles. So che voi disapproverete il mio atto e vi chiedo anticipatamente perdono del dispiacere che sto per procurarvi. Io fuggo da casa per andare in Abissinia, ove, se mi sarà possibile, combatterò con le mie modeste forze per il trionfo della causa Italiana. Sono un ragazzo, è vero, ma altri fanciulli hanno offerto il loro sangue alla Patria. Io seguo l'esempio di quei fanciulli e spero di compiere anch'io il mio dovere».11

Anche quando inizia Il re fanciullo, i coloni italiani sbarcano appena a Tiúr e si preparano ad attraversare il deserto per fondare la Nuova Italia. In questo romanzo l'abbandono della patria è estradiegetico.

Nei testi per ragazzi, similmente a quello che succede nei romanzi coloniali per adulti, la figura del colonizzatore civile viene progressivamente sostituita negli anni Trenta da quella del militare.12 Gli italiani lasciano la Patria con una duplice missione: quella civilizzatrice – i colonizzatori intendono diffondere la propria cultura presso gli autoctoni – e quella politico-economica che mira alla prosperità dell'Italia e della sua gente, anche con lo scopo di porre la nazione al livello delle altre potenze europee che, già alla fine del Novecento, possedevano colonie dalle quali – si dice nei testi per ragazzi dell'epoca – traevano ricchezze e prestigio.13

La seconda tappa narrativa evidenziata da Maria Pagliara è quella dell'incontro fra i due popoli, fra i bianchi e le persone di colore, ma anche fra due culture, fra due modi di concepire la realtà: «Da una parte l'ordine, la misura, l'energia, l'attivismo, la lealtà, in altri termini la civiltà; dall'altra il caos, la pigrizia, la passività, la slealtà».14 Tali stereotipi furono largamente condivisi tra gli intellettuali, anche non fascisti e fino anche nel dopoguerra. La letteratura coloniale italiana presenta un immaginario in cui la terra africana agisce da campo di prova: soltanto agli uomini più coraggiosi e temprati è consentito di sopravvivere e di trovarci la felicità. Nei romanzi per adulti esaminati da Maria Pagliara, l'incontro è spesso un incontro amoroso, mentre non è così nei testi rivolti ai giovani. Nella letteratura per ragazzi, bisogna distinguere due situazioni tipiche. Nel caso più frequente, l'Abissino è un nemico descritto come selvaggio, ignorante, vigliacco. Gli viene negata l'individualità: è soffocato nella «turba»15 o nelle «orde»16 che gli Abissini formano tutti insieme. I brani che descrivono i neri sono a volte zeppi di pregiudizi anche razziali. In Piccolo legionario in A.O., si legge:

«Finalmente, un giorno, giunse alle Camicie Nere l'ordine di partire immediatamente e di raggiungere a marce forzate una quota del Tembien.
E' inutile descrivere le manifestazioni d'entusiasmo che seguirono a questo ordine. Canti, urli, terrificanti minacce al negus e ai suoi ras.
– Io mi farò una cravatta con le budella di ras Mulughietà – urlava un soldato.
– Sarà una cravatta poco profumata! – gli rispondeva un altro.
– E io mi farò uno scopino per la polvere con la capigliatura di Ras Cassa, – gridava Baciccia.
– Purchè non sia calvo! – rise Pierino.
Ma ci sono Abissini calvi? – domandò Gardini. – I prigionieri che ho visto fino adesso hanno tutti delle teste lanose, che devono dar molto da far ai barbieri!».17

In una pinocchiata del 1939 – con la parola "pinocchiata" si intende un racconto più o meno breve che ricupera il personaggio di Pinocchio –, Pinocchio istruttore del Negus, la descrizione del Re etiopico gli toglie ogni credito:

«– Appena il Negus sarà risalito sul trono imperiale sono sicuro che vi darà udienza.
Infatti, una mezz'ora dopo l'inglese e Pinocchio erano introdotti nella sala del trono sul quale era seduto Ailè, con lo sciamma bianco, il cappello a cencio, il cordone di Salomone al collo, i calzoni legati alla caviglia, e senza scarpe per consiglio del callista di corte. Accanto a lui c'era sraiato [sic] il Leone di Giuda che aveva un aspetto così poco feroce da scambiarlo, a prima vista, per un di quei can barboni dei suonatori ambulanti».18

Questo racconto, più che altri, ha per fondamenti le conoscenze storiche e politiche del lettore e usa l'ironia per fare passare commenti acidi: all'epoca in cui è pubblicato il testo, il Negus è stato cacciato dagli italiani e non è ancora risalito sul trono.

La svalutazione degli africani è soprattutto morale e militare. Deformando la Storia e stilando paragoni semplicisti con il conflitto di fine Ottocento, Volontario in Africa intende convincere il lettore della legittimità della seconda guerra italo-etiopica, iniziata nel 1935. L'ultimo capitolo, intitolato «L'Abissino è sempre quello», si riferisce ai difetti morali e culturali dei neri, elencati nel terzo capitolo:

«Gli Abissini non possono e non vogliono lavorare. Essi sono in continua guerra. [...] Nessuno paga le tasse e tutti rubano dove possono rubare. [...] Circa duecento anni or sono l'Abissinia era piena d'alberi per la gomma, ed ora questi sono più rari delle mosche bianche. L'abissino distrugge tutto per ignoranza o lascia che si distrugga da sè ogni ricchezza del suo paese. Le popolazioni del Tigrè, che abitano la provincia più settentrionale dell'Abissinia, campano di predoneria e sono volontariamente miserabili; ciò che è più triste, sono, fra le tribù abissine, le più numerose. Gente che non è capace a nulla e che non vuole addestrarsi al lavoro. In Abissinia, ad esempio, abbonda l'argilla, ma non si fa alcun lavoro in terra cotta e gli indigeni si adattano a vivere in tuguri cuneiformi, che stanno in piedi solo perchè non tira vento. Diffatti non si trova traccia in Abissinia di alcuna forma rudimentale dell'industria umana. [...] Niente lavoro, niente igiene; la loro esistenza è fatta a base di sporcizia e di ruberia. Se il predonare ed il razziare non frutta o troppo poco, il Tigrè va soggetto a delle carestie e pestilenze terribili. Le tribù dei Borgos, quelle dei Mensa, quelle dei Samar sono regioni popolate d'ogni selvaggina, ottimo alimento di tutti i popoli: ebbene, l'abissino preferisce morir di fame, piuttosto che prendere il fucile per andare a caccia. Allora orde abissine si spingono fuori dal loro territorio e vanno a razziare nei dintorni di Massaua, dove sanno che gli europei hanno magazzini di viveri e molto bestiame. Diffondere la civiltà fra questa gente è un sogno».19

Nelle Africanelle di Olga Visentini, la descrizione fisica di un capo abissino sottolinea la sua malvagità:

«Ras Sceliba, di mezza età, magro come un'acciuga e curvo come una falce, arcigno nel volto a cui la barba rada e diseguale dava una certa stortura, univa allo spiacevole aspetto anche un animo gretto, un'avidità insaziata di ricchezze».20

Spesso si allude alla selvaggeria dei neri, ad esempio nel romanzo di Cipolla Il re fanciullo: il regno di Ghera, i cui abitanti rappresentano «una razza di eccezione», è circondato dalla «barbarie negra».21 La disorganizzazione dell'esercito etiopico è diventata un altro stereotipo della letteratura coloniale: non si contano le scene in cui un pugno d'Italiani è confrontato con migliaia di Abissini, che fuggono alla prima occasione o si fanno sconfiggere a causa di conflitti fra i capi o della mancanza di strategia e coraggio.

Tuttavia, in alcuni testi per ragazzi, l'incontro con il nero provoca simpatia nel bianco, questo nel senso più etimologico, cioè di un sentimento vicino alla pietà. Un buon esempio, in Piccolo legionario in A.O., è quello dell'incontro tra Pierino Marra, rapito dai predoni, e Tesfai, il fanciullo nero che condivide la sua prigionia. I due ragazzi chiacchierano e s'incoraggiano, ma dopo la fuga e ritrovate le Camicie Nere, del piccolo Abissino non si legge più nulla.
A volte, il sentimento di simpatia è la prima tappa verso l'amicizia fra l'Europeo e l'Africano. Così accade in Soldatini d'ogni giorno, in cui un vecchio marinaio che vive a Roma narra a un suo piccolo vicino, Paolo, come a Tripoli avesse salvato dall'annegamento un bambino nero, come lo avesse accolto sulla sua nave e gli avesse insegnato l'italiano e i princìpi della religione cristiana, poi come questo ragazzo, cresciuto, fosse diventato un ascaro e infine «caporale d'una legione, decorato al valore».22 Sempre però l'amicizia è condizionata dal riconoscimento da parte del nero della superiorità morale dell'italiano e della fondatezza delle sue imprese. Nel primo racconto delle Africanelle, vedendo crescere olivi dove prima c'era solo il deserto, uno schiavo in fuga chiede alla fanciulla bianca che lo accompagna:

«– Tutti gli Italiani sanno fare di questi prodigi?
La giovinetta rispose semplicemente:
– Lavoriamo.
Il giovane allargò lo sguardo su quella terra redenta dalle aride sabbie: nei soffi del vento veniva dall'oliveto un mutevole luccichio grigio-argentato, e per la prima volta Red-Assam sentì placare la sua pena: la profezia dello stregone dei botri s'era avverata e il deserto frondeggiava.
– Vuoi entrare? Conoscerai mio padre, – gli disse gentilmente Fioralisa; ed egli oltrepassò la soglia della dimora bianca».23

Quando la relazione con l'altro è positiva, l'incontro si svolge oppure all'inizio della fabula, nell'incipit, oppure alla fine dove funge da epilogo. Quando il protagonista è un personaggio africano, l'incontro con il bianco è generalmente collocato alla fine del racconto, come sanzione positiva dopo le vicissitudini affrontate e, a volte, le sciagure subite. È un tipo di narrazione che adotta il punto di vista del colonizzato per confermare la pretesa superiorità del bianco. È quasi un invariante nei romanzi per adulti analizzati da Maria Pagliara – soprattutto in quelli pubblicati prima delle leggi razziali adottate nelle colonie nel 1937 – l'incontro di un uomo bianco con una donna indigena, che tiene poi con sé senza innamorarsene e senza sposarla. Maria Pagliara spiega che in alcuni testi «l'inconciliabilità tra i due protagonisti è superata perché la donna appartiene a una classe elevata e più facilmente può essere predisposta all'accettazione di un progresso rappresentato, in questo caso, dall'uomo bianco».24 Questo sotterfugio fu anche impiegato da scrittori per ragazzi. Cipolla ad esempio fa del protagonista meticcio di Il re fanciullo, il figlio della regina di Ghera e di un esploratore italiano. In un primo tempo, questa filiazione permette ai personaggi bianchi di spiegare l'aspetto nobile del ragazzo rispetto agli altri uomini di colore. Nel seguito del racconto, si capisce che Omar e gli abitanti di Ghera sono dei discendenti «puri» dei primi esploratori greci e italiani, che sono quindi europei e hanno la pelle scura solo perché vivono al sole da più di duemila anni.

Le due ultime tappe narrative messe in evidenza da Pagliara riguardano meno le opere per ragazzi, dalle quali è assente la dimensione amorosa. La terza è rappresentata da un ostacolo che, secondo Maria Pagliara, si realizza «nella partenza dell'eroe per altra destinazione, o nella presenza di un'altra donna, di norma bianca, perciò superiore per intelligenza e cultura».25 L'ultima è il rientro in Europa che «non avviene per volontà del protagonista il quale, al contrario, accetta malvolentieri la decisione presa dalle autorità superiori».26 Al padre di Omar si fa solo qualche allusione nel romanzo di Cipolla, ma ciò che vive è proprio questo: dopo aver vissuto dieci anni con la principessa Eogle, è obbligato a tornare in Italia per negoziare l'indipendenza del regno di Ghera, lasciando moglie e figlio. Anche la sensualità della donna indigena, un topos delle letterature coloniali per adulti, è taciuta nella maggior parte dei racconti per ragazzi: se le fanciulle bianche sono abbondantemente descritte e impressionano con i loro capelli biondi e gli occhi chiari i protagonisti maschili di ambedue i continenti, la bellezza delle ragazze nere, la cui presenza è rara, è sempre molto brevemente affrontata. La descrizione che si trova nella novella I due paggi27 di Giana Anguissola ha una funzione diversa di quella delle giovinette europee: è necessaria in una storia in cui la bellezza deve essere eccezionale, ma comunque relativizzata.

«All'alba di un giorno ormai remoto, nacque una principessa bellissima. Era nera, perchè tutti al suo paese poco ombreggiato dalle palme e molto bruciato dal sole erano neri; ma nel suo genere era proprio bella. Chini sulla culla di legno di cocco, in cui la piccina sgranava gli occhioni simili a due chicchi di caffè nel latte, i ministri si fregavano le lunghe mani ossute, dal palmo bruno violaceo; poi, riassenttandosi le pelli di leopardo e le collane di bestie feroci di cui erano sommariamente vestiti, si recarono a porgere le congratulazioni alla regina».28

Nei racconti per ragazzi, la terza tappa dopo la partenza e l'incontro è, più semplicemente, quella dell'avventura. La guerra italo-etiopica ha un duplice ruolo narrativo: funge da ostacolo per la comunità degli italiani colonizzatori e da fine in sé per l'individuo che vi trova un'opportunità unica di dimostrare il proprio valore. Nelle storie in cui il protagonista è un bambino, come in Piccolo legionario in A.O., o un personaggio fantastico assimilato a un bambino, ad esempio il cosí chiamato nano 48 di Genietti e sirenelle, la guerra è anche un'occasione per divertirsi, uccidendo gli etiopi con la mitragliatrice o, piú modestamente, godendosi lo spettacolo dall'alto. In altri testi, l'avventura è quella di un viaggio, di uno spaesamento; è una vicenda semplice, a volte senza la presenza di nemici, ma che permette al protagonista di conseguire il riconoscimento del proprio valore e, nel caso di fanciulli, di conquistare maggior maturità.

La quarta tappa individuata da Maria Pagliara, il ritorno in Europa del protagonista maschile, annuncia la fine del racconto:

«l'eroe sente la nostalgia della terra lontana, il "mal d'Africa", a causa del quale nel proprio paese egli si considera uno straniero. Perciò egli avverte il bisogno di rientrare per godere del contatto con l'incontaminato, con la verginità dei luoghi. [...] si ribalta qui la situazione rispetto all'esotismo classico, in quanto è la terra civilizzata a produrre apatia, pigrizia, mentre l'Africa spinge il protagonista all'attivismo fisico e psicologico».29

In Soldatini d'ogni giorno, il vecchio marinaio che incuriosisce il piccolo protagonista a Roma è infelice: ricordarsi il tempo in cui viaggiava per i mari è doloroso. Morte la moglie e la figlia contaminate dalla febbre spagnola, crede di non avere nessuno da amare né da cui esser amato. La sua però è più nostalgia per la giovinezza che per l'Africa. Nei romanzi per ragazzi analizzati, il ritorno in Patria, se avviene, segna il trionfo del protagonista-fanciullo e, in Piccolo legionario in A.O., non si esclude la possibilità di tornare in Africa dopo aver visitato il nonno. Nel 2004, al convegno di Cerisy sul tema Littérature de jeunesse, incertaines frontières, Letourneux notò che, nei romanzi di avventure per ragazzi, «le trajet du héros solaire s'arrête à son zénith, sans poursuivre sa course jusqu'au nadir. Pas de héros déclinant ici, pas de héros tragique: seule compte l'apothéose du héros».30 In accordo con questo principio, la storia di Pierino Marra, in Piccolo legionario in A.O., si chiude con il ritrovo del padre e la possibilità che gli si conferisca la medaglia d'argento; quella di Omar, ne Il re fanciullo, con il suo incoronamento.

 

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III. Colonizzazione, propaganda e geografia

La propaganda sulle imprese coloniali si organizzò intorno a diversi temi. Oltre a quelli consueti come il culto del Duce, della madrepatria, della bandiera e del popolo italiano, ebbe un ruolo importante quello dell'imperialismo, con il suo assortimento di razzismo e di romanità. Infatti l'alta idea che il fascismo italiano finse di avere del suo popolo e della sua nazione portò il regime a promuovere un imperialismo che si svilupasse in continuità con l'Antichità.31 Importanti lavori urbani mirarono a rinforzare il prestigio di Roma, capitale dell'impero romano e si riprese qualche abitudine della civiltà antica, come l'organizzazione militare applicata nella milizia e nei movimenti giovanili fascisti, il saluto romano e il simbolo dell'aquila. Gli autori per ragazzi del Ventennio sfruttarono questi temi per rappresentare la realtà italiana a loro contemporanea. È particolarmente vero in Soldatini d'ogni giorno: Paolo, il giovane protagonista, partecipa a un'adunata di Balilla nella palestra della scuola.

«Ecco uno squillo di tromba: era il segnale, e tutti i Balilla si schierarono, diritti come soldatini, con gli occhi fissi sul volto del Centurione che impartiva ordini e disposizioni. Poi la pioggia si attenuò [...]. Allora i Balilla poterono uscire, divisi a squadre, in formazione perfetta, come un piccolo esercito in ordinanza: e così sfilarono per le vie adiacenti al casamento scolastico, fra l'ammirazione dei viandanti, che facevano ala e salutavano romanamente, o alla voce».32

Già avviata in fine Ottocento, l'espansione coloniale diventò, sotto il regime fascista, un'ambizione nazionale prioritaria. Il desiderio di dominare il Mediterraneo, il «Mare Nostrum» della retorica romana imperialistica, spinse l'Italia a estendere la propria autorità in Africa. Per giustificare le imprese coloniali, il regime di Mussolini vaneggiò una pretesa superiorità degli italiani, secondo l'idea, condivisa anche fuori del fascismo, di una necessaria missione civilizzatrice degli europei sugli altri continenti e, per quel che riguarda l'Abissinia, entrò in considerazione anche l'argomento della vendetta per la sconfitta di Adua nel 1896.

Nella rivista Autori e scrittori del novembre 1938, Filippo Tommaso Marinetti e Guido Mancini hanno reso conto di un convegno sulla letteratura giovanile al quale avevano partecipato, formulando il desiderio che

«la letteratura italiana infantile e giovanile sia dominata dai seguenti principii: esclusione assoluta di ogni importazione straniera, sia nel materiale scritto e illustrato, sia nello spirito; ispirazione schiettamente italiana come razza e innalzata dal tono imperiale fascista mussoliniano».33

Nella sua prefazione agli atti del convegno, Marinetti chiese che

«Nelle città africane conquistate dalla Guerra Veloce Mussoliniana e nelle città neonate dell'agro pontino sotto due azzurri unificati da una sola intensità imperiale [...] una letteratura infantile e giovanile [...] [tramandasse] un senso geografico diretto a liberare le giovani sensibilità dal gretto campanilismo e farle vibrare come se fossero limitate mediante i confini stessi del nostro impero [...] Senso geografico mondiale adatto ad una intensificazione dell'orgoglio italiano e del patriottismo fattivo a colpi di iniziative pratiche gare e superamenti italiani».34

Di tale senso geografico sono già intrise diverse opere, anche prima del 1938. Ciascuno in suo modo, Nonno Ebe, Salvator Gotta, il Tenente Anonimo introducono particolari geografici e storici nei loro testi. La prima pagina di Volontario in Africa è una cartina – poco precisa – del continente nero e diversi brani, riferendosi alle montagne, ai fiumi e alle città, intendono insegnare al lettore dove si trova tale forte italiano o dove si svolse tale battaglia. In Piccolo legionario in A.O. e in altri suoi romanzi, Salvator Gotta si serve delle indicazioni geografiche per far capire quali erano le strategie degli eserciti, la posizione delle truppe e sottolineare il valore degli uomini che attraversano le terre africane. In Genietti e sirenelle in A.O., l'informazione geografica è più scolastica e consiste in un'accumulazione di dati. Nell'ultimo racconto,35 il lettore non ha tanta voglia di collocare i laghi e i fiumi menzionati su una cartina perché sono troppo numerosi e nuocciono alla comprensione della storia. In contrasto con l'abbondanza di questi dati, il narratore giudica poco importanti elementi che, invece, potrebbero piacere di più ai ragazzi:

«Narrarvi le scene di meraviglia e di gioia che avvennero in ogni lago, e per la lieta novella dell'avanzata italiana, e per la gioia d'incontrarsi, per la prima volta, sirenelle e sirene sarebbe troppo lungo, perciò mi limiterò a raccontarvi brevemente ciò che è avvenuto nei due principali laghi Africani il Tana e il Rodolfo».36

Come molte altre creature magiche messe in scena da Nonno Ebe in questa raccolta, le sirene e le sirenelle sono alleate degli italiani, la cui venuta è una lieta notizia. Quando l'immensa colonna di sirene arriva nel Lago Tana, gli ippopotami e coccodrilli che le scortano si scontrano in una battaglia molto violenta con tutte le «bestiacce» mandate dal nemico, che non vuole forestieri nel lago, per distruggerle. Questa scena presenta una configurazione simile a quella proposta in tanti racconti giovanili sul conflitto italo-etiopico. La posizione e gli argomenti dei diversi personaggi ricordano quelli attribuiti agli italiani e agli etiopi. Le simpatiche sirene venute dal mare a occupare i laghi incantati potrebbero rappresentare i coloni italiani. Gli ippopotami e coccodrilli pronti a combattere e a sacrificare la propria vita per servire le imprese delle sirenelle raffigurano l'esercito italiano, mentre le bestiacce sarebbero gli etiopi.

Le descrizioni di paesaggi italiani sottolineano la diversità e la ricchezza di ogni regione italiana, evidenziando il patrimonio culturale, naturale e industriale di una nazione che si vuole grande tra le grandi. In più, nei romanzi la cui trama si svolge in Africa, la descrizione dei paesaggi e il paragone con la madrepatria suscita nostalgia per il paese di origine e offre punti di riferimento al lettore giovane, forse ignorante delle bellezze del cosiddetto "continente nero". In Volontario in Africa, l'arrivo a Massaua viene descritto con numerosi riferimenti all'Italia:

«Il golfo di Massaua era cheto e limpido, come uno dei nostri laghi lombardi, e la vegetazione pareva mandare folate di profumo e di ossigeno: per un momento mi sembrò di sognare. [...] Massaua possiede il più bel paesaggio che io abbia mai visto, ed offre un soggiorno incantevole pari a quello di Rimini, Viareggio e Alassio. Sbarcammo a sera inoltrata, e ci portarono a terra con barche a remi. L'assaporare quel mistero e l'ascoltare quel silenzio rotto dai colpi di remo, o da qualche nenia di indigeni, mi procurava l'illusione di trovarmi a Venezia».37

La stessa strategia descrittiva è usata da Cipolla ne Il Re fanciullo: «Di là del Nilo, verso occidente, avanguardia dei massici montani del Kenia, del Kilimanciaro, del Ruvenzori, che rappresentano le grandi alpi africane».38 I paesaggi selvatici, che non portano nessuna traccia della presenza degli uomini – non sono ancora stati modellati dall'uomo occidentale – sembrano pronti ad accogliere i coloni italiani in cerca di avventura e di prosperità: a questo corrisponde l'atteggiamento del popolo di Ghera, la cui missione era di aspettare la venuta degli europei, sopravvivendo ed evitando di «essere sopraffatti dai barbari».39

Benché gli italini siano sempre presentati come valorosi e coraggiosi, gli autori di libri per ragazzi menzionano appena l'arduità del lavoro nei campi africani e insistono invece sull'allegria provata da chi svolge il proprio compito e sul maggior rendimento delle coltivazioni nelle colonie.

«Il terreno fertilissimo dell'Asmara e la sua straordinaria vegetazione, colmarono di meraviglia i nostri bravi contadini, che fin dai primi mesi raccolsero due quintali di grano per ogni ettaro di spazio seminato, senza bisogno nè di concime, nè di arare il terreno. In pochi anni divennero agiati e poterono restituire al governo italiano i denari, che avevano avuto a prestito per il viaggio, per costruire le case e per comperare le sementi. [...] Tanta abbondante messe ebbe la virtù di far cambiare opinione a molti increduli, i quali avevano ritenuto che l'Eritrea fosse un mucchio di sassi, senza acqua e senza vegetazione. Mai voi sapete già, da quanto vi ho raccontato, che si sta benissimo laggiù, dove non manca niente e dove il clima permette di fare ogni anno due o tre raccolti, invece di un solo, come avviene da noi nelle campagne».40

La descrizione della sua gente fu un altro modo di valorizzare la madrepatria. I protagonisti italiani dati in esempio ai ragazzi non temono lo sforzo; hanno il senso del sacrificio e dell'abnegazione. I soldati sono arditi e vincono sempre, anche quando sorpassati in numero dall'avversario. Se il soldato muore, muore eroicamente, dopo aver salvato i camerati o ucciso parecchi nemici. Similmente il colonizzatore è un uomo vigoroso e carismatico come Guaitana Salin ne Il Re fanciullo:

«l'uomo ancor giovane dai folti capelli argentei che passeggia sulla coperta della nave solitaria è uno di quegli esseri per i quali le leggi della natura che sembrano più assolute rappresentano ostacoli che esistono per incitare l'intelligenza e la volontà a superarli. Il calore fiammeo del meriggio tropicale che abbatte i suoi simili, esalta il suo spirito. Egli è desto per coloro che dormono, pensa per quelli che si sono abbandonati nel torpore, tiene i suoi cilestri occhi fissi nella gran luce al posto degli occhi che si sono chiusi. La nave coperta di tende bianche è sua, quello che la nave contiene è suo, gli uomini che essa ha portato nel piccolo porto si assoggettano ai suoi ordini ed alla sua volontà, e dacchè egli è giunto, la città sembra vivere unicamente per lui».41

I cittadini rimasti nella madrepatria sono spesso gente modesta o benestante ma ridotta in povertà. Come i contadini sono pronti a lavori di ogni sorta, anche se difficili. Quest'aspetto risalta soprattutto in Soldatini d'ogni giorno. Il compagno di scuola di Paolo, Antonio Gardani

«Veniva ogni mattina dai Castelli, per visitare la nonna degente all'ospedale; il ragazzo s'era iscritto nella scuola elementare della città, e la frequentava abbastanza assiduamente. Ma appena sbrigate le lezioni e la visita all'ospedale, si metteva in cammino, per tornare ai suoi campi, e aiutare un poco i fratelli contadini».42

I personaggi dei romanzi qui analizzati dimostrano rispetto, anzi devozione per la Patria, il tricolore e il Duce. Questa tematica della propaganda fascista non è caratteristica della letteratura coloniale e la si ritrova ovunque nel corso degli anni Venti e Trenta. L'argomento è forse meno banale quando l'atteggiamento laudativo proviene non dai personaggi italiani, come ci si potrebbe aspettare, bensì da personaggi fantastici e meravigliosi, tali nani, fate e maghi che spesso vestono i colori della bandiera italiana, oppure dai colonizzati. In Genietti e sirenelle in A.O., nani, maghi, sirenelle, fate e genietti africani, rendendosi conto della barbarie degli Abissini, aiutano l'esercito italiano nelle sue imprese coloniali. Nella prima fiaba delle Africanelle di Olga Visentini, la piccola Nailù viaggia in cerca di un «fiore» che, secondo la profezia, sarà per lei «la redenzione di ogni male, [...] la gioia, [...] la vita» e permetterà di guarire la sorella dalla lebbra. Questo fiore, la ragazza lo trova alla fine del racconto in un fortino italiano: «magnifico, grandissimo, con un petalo di fiamma, un altro bianco, ed un altro verde come il più profondo smeraldo delle selve: e quel fiore sorretto da uno stelo lunghissimo, svettava al vento»;43 è il tricolore.

Per convincere il popolo della legittimità delle conquiste e delle guerre in Africa, in particolare della campagna bellica e imperialista contro l'Etiopia, il regime fascista ebbe anche ricorso al mito dell'Impero Romano. L'Italia doveva essere degna del suo passato. In memoria della supremazia di cui godette Roma più di duemila anni fa e per contrastare le altre potenze europee nella corsa all'allargamento territoriale, bisognava riconquistare il «Mare Nostrum» ed espandersi verso l'Africa: la propaganda fece veder la penisola come ponte naturale fra i due continenti. Per vendicarsi della sconfitta di Adua, bisognava riprendere l'Etiopia, unica terra africana rimasta libera e che avrebbe permesso di collegare le due altre colonie italiane del Corno d'Africa. Maria Pagliara spiega come, per i personaggi italiani dei romanzi coloniali, il viaggio in Africa è vissuto come un «ritorno alle Madri», «un viaggio di rinascita e di rigenerazione basato sull'archetipo dell'uomo mediterraneo spinto a ritrovare nel continente nero la vestigia dell'antica cultura classica, in una identificazione del mondo classico con il passato stesso dell'umanità».44 Ciò vale anche nei racconti giovanili, soprattutto ne Il re fanciullo: in questo romanzo, il protagonista è un ragazzo dalla pelle scura, Omar. Accompagna liberamente la carovana di Guaitana Salin e di sua figlia Irenetta, colonizzatori italiani che vogliono raggiungere il leggendario regno di Ghera di cui Omar è il principe. Il popolo di Ghera rappresenta il passato antico, la radice della cultura occidentale, in particolare italiana, poiché, come spiega il vecchio re «che ricordava nell'aspetto il filosofo Platone»:45

«2145 anni or sono, all'epoca del massimo splendore della Grecia, quando la Sicilia, la Calabria, la Magna Grecia infine, erano colonie fiorentissime dell'Ellade, ci fu qualcuno che propugnò l'idea di rimontare, sino alle origini, il corso del Nilo.... [...] La spedizione risalì, per il corso del Nilo, il basso, il medio e l'alto Egitto e s'ingolfò nel cuore del Continente Africano... [...] e non tornò più. Come questo sia accaduto non saprei dirvelo con precisione. [...] Fatto si è che sei anni dopo la partenza da Taormina i greco-italici si insediavano a Ghera. D'allora non l'hanno più abbandonata [...] e poichè in essi vi erano tutti gli elementi del progresso, compirono attraverso i secoli il loro sviluppo. Si moltiplicarono, ma non troppo e raggiunsero e oltrepassarono la civiltà attuale dei paesi donde erano partiti. [...] I discendenti degli esploratori siciliani non subirono i regressi temporanei che ha sofferto l'Europa. Noi, per esempio, non conoscemmo l'oscurantismo del medio evo. [...] Il sole dell'Africa ci ha abbrunata l'epidermide, ma l'isolamento nella montagna di Ghera ha acuito straordinariamente le nostre intelligenze».46

In questo romanzo, l'autore trova un'alternativa alla figura del meticcio. All'inizio della fabula, il ragazzo si conforma alle idee che circolavano fra gli antropologi e i missionari prima delle leggi razziali del 1937. Secondo Patrizia Palumbo, alcuni credevano che i meticci, grazie alla loro posizione mediana, potessero servire gli interessi dei colonizzatori.47 Innanzitutto, si pensava che il meticcio appartenesse alle due culture implicate nel processo di colonizzazione. Si credeva inoltre che, dal punto di vista genetico, i meticci avessero ereditato l'intelligenza del padre italiano e la forza fisica e la capacità di adattarsi all'ambiente africano della madre indigena. A tredici anni, oltre a essere di una viva intelligenza, Omar ha la forza e l'agilità di un piccolo atleta,48 parla con gli animali, nuota meglio di un pesce ed è capace di rimanere a lungo sott'acqua. Tante qualità in un indigeno stupiscono i personaggi italiani. Tuttavia, se all'inizio il ragazzo corrisponde all'immagine stereotipata del meticcio, piú avanti nel libro, il suo statuto cambia: Omar, in realtà, è un discendente diretto degli italo-greci dell'Antichità. Prova ne è che nell'epilogo del racconto, dopo un soggiorno di meditazione in una grotta, la sua pelle diventa quasi miracolosamente bianca. Retrospettivamente si possono reinterpretare gli obiettivi perseguiti da Omar: se aiuta Guaitana Salin nella sua impresa coloniale, è perché sono ambedue di origine europea, di razza caucasica.

 

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IV. Paradiso insulare e alterità: osservazioni conclusive

Si è mostrato come i temi privilegiati dalla propaganda coloniale del Ventennio trovarono spazio anche nella letteratura giovanile. Il re fanciullo contiene però un discorso del tutto originale sul rapporto all'altro. Secondo Patrizia Palumbo, che ha letto il testo in un'edizione del 1935 intitolata Balilla regale,49 questa originalità costituisce una trasgressione dei valori fascisti: l'ambiguità iniziale del protagonista Omar pone il romanzo in opposizione alle consuete idee promosse dal regime fascista. In questa pubblicazione Palumbo vede una prova supplementare dei fallimenti del sistema censorio stabilito dal regime.50 Palumbo sembra non considerare che Omar risulta un falso meticcio di origine greca e che alla fine diventa bianco. L'identità di Omar, confusa fino alla fine nella versione del 1920 (Il re fanciullo) è comunque precisata assai presto nella riscrittura del 1935 (Balilla regale). Considerando quello, ci si può chiedere dov'è l'infrazione alla propaganda e al discorso ufficiale. Anzi, dal confronto fra i due testi salta fuori una maggior conformità del secondo testo con la propaganda del regime.

Gli altri testi analizzati in questo articolo evidenziano invece un rapporto all'altro assai semplice. Il sistema di valori è molto spesso manicheo con i bravi italiani da un lato e i barbari neri dall'altro. L'Abissino può diventare un amico solo dopo aver riconosciuto la superiorità italiana. Anche in questo caso, la relazione tra l'indigeno e l'italiano è quella di una soggezione o di un asservimento volontario del primo: così, arrivato al mare dopo un anno di marcia attraverso il deserto, Omar rinuncia a tornare in Italia per mostrare la strada di Ghera a Guaitana Salin; così, Ahmed diventato un ascaro è pronto a sacrificare la propria vita per l'Italia e riprende contatto con il marinaio Angelo Dalmi mentre questo l'ha abbandonato vent'anni fa. In Pinocchio istruttore del Negus (1939) e Piccolo legionario in A.O. (1940) anche il rapporto allo straniero europeo, cioè all'inglese e al francese, è negativo: questi diventano dei nemici. Alla vigilia della seconda guerra mondiale, con l'avvicinamento dell'Italia fascista alla Germania nazista, la propaganda del regime contro le due potenti democrazie, cioè la Francia e l'Inghilterra, si intensificò al punto di trovare spazio nei libri per ragazzi.

La raffigurazione dell'Africa come di una terra vergine pone sempre l'Oltremare italiano dal lato della natura che stimola il corpo e l'intelligenza, mentre in diversi racconti l'Europa urbanizzata rappresenta un mondo artificiale, corrotto dal progresso tecnologico, nel quale il protagonista è infelice. Il giardino della regina imperiale e l'oliveto delle Africanelle, ma anche il regno di Ghera immaginato da Cipolla sono dei luoghi isolati, che grazie alle cure degli italiani prendono la forma di veri paradisi in mezzo alla barbarie. Queste terre sono fonte di felicità per chi ci vive. In Soldatini d'ogni Giorno, Angelo Dalmi è un uomo nostalgico e amareggiato: non gli piace essere a terra. Rimpiange l'epoca in cui, da giovane, percorreva i mari; rimpiange l'epoca in cui poteva dimenticare i suoi tormenti sulla sua nave, facendo il suo lavoro di marinaio. Ormai vecchio, vive da solo in un appartamento a Roma dove non può che ricordare la moglie, la figlia e la giovinezza perdute. La stessa cosa vale per Volontario in Africa: la guerra finita, il narratore di secondo livello, il nonno, torna in Italia e lascia «con molta nostalgia [...] quella terra di cui [si] sentiv[a] un pioniere».51 Quattro anni più tardi, viene richiamato per errore a combattere in Africa, ma giunto al distretto con la carta di congedo, tace e si fa arruolare:

«Certamente mi domandarete ora perchè io sia partito per l'Africa, e perchè mi decidessi ad arruolarmi volontario una seconda volta. Il bigliettino appeso all'elmetto fu una scusa; io avevo voglia di ritornare in Africa a combattere».52

Il mare suscita al contempo l'entusiasmo e la malinconia dei personaggi: la terra misteriosa alla quale conduce è stimolante, ma l'immigrazione in Africa significa anche l'abbandono della terra natale. Il viaggio di per sé è raramente descritto. Gli autori danno maggior importanza alle scene di partenza, con l'allontanamento della nave dalle coste italiane, e all'arrivo del protagonista sul continente africano. Non descrivere troppo a lungo il viaggio avvicina nella mente del lettore le due sponde, italiana e africana.

Richiamando questi temi in modo più o meno innocente, più o meno inconscio, gli scrittori per ragazzi di quel periodo, anche se non fascisti convinti, furono pronti a pagare al regime il loro tributo di servilismo, necessario per essere pubblicati. Per poter giudicare dell'efficacia e degli effetti di questi racconti sul pubblico giovane e delle intenzioni degli autori, bisognerebbe allargare il corpus, analizzare l'uso di altri temi cari al regime e interrogare la coerenza del messaggio tramandatovi. L'attuale stato di questa ricerca consente di includere fra i testi non fascistizzanti, I due paggi di Giana Anguissola: questo racconto è ambientato in Africa e le descrizioni sono influenzate dagli stereotipi dell'epoca, ma in modo soltanto superficiale. Invece, altri scrittori per ragazzi, quali Salvator Gotta, Nonno Ebe, Olga Visentini, il Tenente Anonimo e l'autore della pinocchiata ripresero questi temi con volontà propagandistica esplicita, in una prospettiva educativa e sostenitrice di un'ideologia, se non fascista, almeno colonialista.

 

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V. Bibliografia

Corpus

  • Anguissola, Giana - I due paggi, in Ead., Il carretto del mercante. Avventure di viaggio, con 10 tavole a colori e 40 disegni dell'autrice, Milano, Hoepli, 1942, pp. 51-60.
  • Anonimo - Pinocchio istruttore del Negus, Firenze, Marzocco, «Libriccini belli, 20», 1939, 52 p., in C. Luciano (a cura di), Pinocchio in camicia nera. Quattro "pinocchiate" fasciste, Cuneo, Nerosubianco «Le Drizze, 1», 2008, pp. 49-60.
  • Arnaldo, Cipolla - Il re fanciullo, con otto grandi illustrazioni fuori testo a cura di G. Grande, Firenze, Bemporad e figlio, «Prescolastica grande, 10», 1920, 226 p.
  • Gotta, Salvator - Piccolo legionario in A.O., con illustrazioni di F. Elmo, Milano, Baldini e Castoldi, 1940, 222 p.
  • Gotta, Salvator e Visentini, Olga - Soldatini d'ogni giorno, con illustrazioni di W. Molino, Milano, Baldini e Castoldi, 1938, 190 p.
  • Nonno Ebe (pseud. di Bruno Roghi) - Genietti e sirenelle in A.O., Milano, Carroccio, «Biblioteca per tutti, 6», 1936, 88 p.
  • Tenente Anonimo (pseud. Pietro Micca) - Volontario in Africa. Racconti di guerra per i ragazzi, con quattordici illustrazioni e tre cartine, Milano, La Prora, 1935, 155 p.
  • Visentini, Olga - Africanelle. Fiabe, con illustazioni di R. Sgrilli, Torino-Milano-Genova-Parma-Roma-Catania, Società Editrice Internazionale, 1937, 250 p.

Bibliografia

  • Giovanazzi, Giuseppe et al. - Convegno nazionale per la letteratura infantile e giovanile: Bologna 1938-XVII. Relazioni, Roma, Ente nazionale per le biblioteche popolari e scolastiche-Sindacato nazionale fascista autori e scrittori, 1939, 220 p.
  • Delcroix, Stéphanie - Complicité et enfants sans âge. La littérature narrative durant le fascisme italien, in A. Rezzouk e M. Tsimbidy (a cura di), La jeunesse au miroir. Les pouvoirs du personnage. Actes des colloques «Le méchant, un personnage problématique. Entre identification et distanciation, le jeu de l'exemplarité dans la littérature de jeunesse» (Rouen, 19 mai 2010) et «La jeunesse au miroir. Personnage relais, personnage reflet : l'identification dans la littérature de jeunesse» (Rouen, 24-25 mai 2011), Paris, L'Harmattan, 2012, pp. 119-129.
  • Fabre, Giorgio - L'elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei, Torino, Zamorani, «Storia», 1998, XIV-499 p.
  • Labanca, Nicolas - Oltremare. Storia dell'espansione coloniale italiana, Bologna, Il Mulino, «Storica Paperbacks, 31», 2002, 569 p.
  • Letourneux, Mathieu - Le roman d'aventures, un récit de frontières, in I. Niéres-Chervel (a cura di), Littérature de jeunesse, incertaines frontières (Atti del convegno di Cerisy La Salle, 5-11 giugno 2004), Parigi, Gallimard, «Gallimard jeunesse», 2005, pp. 34-51.
  • Pagliara, Maria - Il romanzo coloniale tra imperialismo e rimorso, Bari, Laterza, «Biblioteca europea, 16», 2001, 153 p.
  • Palumbo, Patrizia - Orphans for the Empire. Colonial Propaganda and Children's Literature during the Imperial Era, in P. Palumbo (a cura di), A place in the Sun. Africa in Italian Colonial Culture from Post-Unification to the Present, Berkeley-Los Angeles-London, University of California Press, s.d. (ma pres. 2008), pp. 225-251
  • Pisanty, Valentina - Educare all'odio: «La difesa della razza» (1938-1943), con un contributo di Luca Bonafe, introduzione di Umberto Eco, s.l., Gruppo Editoriale Motta, «Saggi e indispensabili», 2007 [20031], 147 p.

 

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