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          BOLLETTINO '900 - 16 agosto 2002             Successivo

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Per Guido Guglielmi

Vogliamo continuare a ricordare Guido Guglielmi scegliendo,
tra i molti messaggi e testimonianze di affetto che abbiamo
ricevuto, due ricordi. Sono molto diversi tra loro, ma
entrambi ci avvicinano ad aspetti del suo carattere e del
suo ruolo intellettuale che ci sono cari.
Il primo ricordo - uno dei pochi articoli apparsi sulla stampa
nazionale - e' scritto da un suo collega, Remo Ceserani;
il secondo e' di un'allieva, Cecilia Serradimigni, da poco
laureatasi con lui.
Grazie a tutti coloro che hanno scritto.
FP

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Remo Ceserani
[articolo uscito su "Il Manifesto", 10 agosto 2002]

Stamani, con una sobria, commossa cerimonia laica nel Pantheon
della Certosa di Bologna i familiari, gli amici, i colleghi
dell'Universita', gli allievi hanno dato l'estremo addio a uno
dei piu' schivi ma certamente uno dei piu' fini e brillanti
critici letterari italiani: Guido Guglielmi, morto d'improvviso
qui a Bologna giovedi' scorso all'eta' di 72 anni.
L'atteggiamento sempre un po' appartato di Guglielmi e
l'inevitabile distrazione agostana dei giornali non hanno
consentito che venisse riconosciuta pubblicamente la gravita'
della perdita e l'importanza del suo contributo, spesso molto
originale, alle vicende della storia intellettuale italiana,
dal Gruppo 63 alle iniziative piu' recenti del "Verri", la
rivista fondata da Anceschi, dai seminari di teoria della
letteratura organizzati a Siena da Romano Luperini alle
riunioni reggiane di "Ricercare" promosse da Renato Barilli.
Restano, nei cataloghi dei maggiori editori italiani
(soprattutto Einaudi) i suoi studi sulla modernita' letteraria,
sull'avanguardia, su Leopardi, Palazzeschi, Ungaretti, Svevo,
Pasolini, Calvino. Resta il suo ultimo libro, che propone una
ricostruzione storica acuta e convincente delle
vicende della poesia italiana del Novecento: *L'invenzione
della letteratura: modernismo e avanguardia* (Napoli, Liguori,
2001).
Guglielmi si stava preparando a partire per gli Stati Uniti,
come visiting professor presso l'Universita' di Yale, dove
era gia' stato in passato, e negli ultimi tempi parlava
con entusiasmo di questa suo nuova avventura, che la morte
ha reso impossibile.
Nato a Rimini, ma divenuto bolognese al tempo degli studi
universitari e poi della carriera di professore, Guglielmi
e' stato uno straordinario interlocutore per tanti di noi
suoi colleghi, dotato di un'acribia unica, di una acutissima
penetrazione critica e di una straordinaria passione
per le idee anche le piu' azzardate, che apparivano spesso
sorprendenti, ma rivelavano d'improvviso aspetti nascosti
di un problema intellettuale che ad altri erano sfuggiti.
E' stato, inoltre, un professore amatissimo per i suoi
allievi, i quali tutti ricordano il fascino straordinario
delle sue lezioni, cosi' come tutti noi ricordiamo la sua
voce ironica e affettuosa, i suoi modi apparentemente
distratti, le sue osservazioni fatte con nonchalance,
spesso apparentemente marginali, che d'improvviso
illuminavano il centro di una questione.
Nella cerimonia di stamani, seguendo il modello delle
comunita' laiche o di quelle religiose dai riti piu' austeri,
le persone raccolte nello spoglio salone del monumentale
cimitero bolognese, familiari, amici, allievi si sono
avvicendati nel prendere la parola, per dividere insieme
un ricordo, un aneddoto, un'immagine di lui: un modo molto
coraggioso e lucido di aiutarsi reciprocamente a elaborare
il lutto e a trasformare una vita in viva memoria. Il
fratello Angelo, il cognato Carlo Flamigni, l'amico e
compagno di studi Stefano Agosti, i colleghi dell'Universita',
gli allievi, alcuni amici hanno a turno ricordato qualche
aspetto del carattere di Guglielmi, il suo modo di avviare
o negare un rapporto, di affrontare una discussione, la sua
passione intellettuale vivissima accompagnata a una
straordinaria trascuratezza di se', la sua inesauribile
curiosita'.
Mi permetto anch'io un ricordo, facendo mio lo spirito con
cui questa mattina gli abbiamo detto addio. Si era nel
momento culminante delle discussioni attorno alla riforma
Berlinguer, quella nota come tre piu' due, e i consigli
di facolta' e i dipartimenti delle nostre universita'
erano impegnati in discussioni animate e confuse (che
ora forse rimpiangiamo, nella nuova atmosfera creata dal
ministero Moratti).
Ho incontrato Guido davanti allo sgabuzzo delle cassette
postali del nostro dipartimento, da cui usciva con in
mano un fascio di lettere, giornali, circolari che stava
strappando e leggendo alla rinfusa. Mi prese per un braccio
e d'improvviso mi chise: "Senti, carissimo, tu che sei
addentro a queste cose, ma che cos'e' questo MURST che mi
scrive cosi' spesso?" Io, ingenuo e preso alla sprovvista,
mi misi a spiegargli pazientemente: "Ma e' il ministero
della pubblica istruzione, sai quello da cui tutti
dipendiamo, che organizza i concorsi, finanzia le
universita', stabilisce i programmi". E lui, sempre
tenendomi per il braccio e avvicinandosi anche di piu':
"Non ci sara' mica qualcosa di nuovo, vero?".
Non ho mai saputo se facesse sul serio, se cioe' davvero
ignorasse cosa fosse il MURST, frequentatissimo in quei
giorni da tutti noi via internet, se davvero ignorasse
che era in corso una grande discussione su una riforma
radicale dell'Universita', o se quel suo gesto fosse
molto ironico, e un po' complice, e fosse da interpretare
come una presa di distanza da un progetto di riforma che
non gli piaceva e che per di piu' veniva da gruppi
politici ai quali era ideologicamente vicino, un invito
a lasciar perdere e continuare a occuparci dei
nostri studenti e delle nostre passioni intellettuali.

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Cecilia Serradimigni

Lui era davvero unico - e non nel senso in cui ognuno di
noi lo e', ma un po' di piu' -, e aver passato a stretto
contatto gli ultimi mesi della sua vita, arrivando un mese
fa finalmente alla laurea, mi rende difficile, davvero,
pensare che non c'e' piu', maledettamente difficile
parlare di lui all'imperfetto e tutto il resto.
Ricordero' per sempre la sua dolcezza e la sua ironia, il
modo in cui mi diceva "signorina, adesso basta parlare di
teatro o lei sparisce un'altra volta per uno spettacolo e
poi non si laurea piu'", oppure quando mi accoglieva ogni
volta nel suo studio con quel suo "ah, bene," con cui mi
diceva quanto fosse contento che ancora una volta avessi
scritto qualcosa, ben consapevole della mia tendenza a
"distrarmi", e soprattutto la sua instancabile correzione
della mia tesi parola per parola, virgola per virgola,
nota per nota, che mi faceva e mi fa sentire fortunata e
privilegiata in mezzo a nugoli di studenti che ancora ai
primi di giugno si chiedevano se mai il loro esimio
relatore avrebbe dato un'occhiata di sfuggita al frutto
delle loro fatiche.
E a me che una volta avevo rivelato con una domanda la mia
ignoranza su un suo saggio disse senza fare ironia: "non si
preoccupi signorina, l'importante e' che io legga lei e non
viceversa".
Le sue lezioni sono le uniche che davvero ricordi, in mezzo
a tante altre incomprensibili, vuote e astruse, illuminate
come i suoi libri dal dono che io chiamo evidenza della
profondita', quel desiderio innato di regalare i suoi
pensieri e le sue intuizioni al suo uditorio tutto,
senza per questo appiattirne gli esiti e i traguardi.
Penso che questa sia la dote piu' alta per una persona che
INSEGNA, che non ha dimenticato il suo scopo per lanciarsi
alla scalata della montagna accademica. I suoi saggi su
Svevo mi hanno spalancato le porte della mia tesi, ricordo
che leggevo pensando "ecco cosa avrei voluto dire!", quasi
riconoscendo i miei stessi pensieri sublimati e resi come
lucidi e "inevitabili" dalla loro evidenza, dalla loro
profondita'. Meraviglioso.
Eppure penso che nonostante queste emozioni intellettuali
il mio Professore lo ricordero' soprattutto per certe
piccole cose, per come notava ogni piu' piccolo cambiamento
avvenuto al mio look o alla mia capigliatura, per come mi
rispose una volta che io, tutta preoccupata
per certe virgolette che nella mia tesi - almeno secondo
il manuale di Eco - erano del tipo sbagliato: "Per favore
signorina, non mi chieda queste cazzate", con il tono che
usava per tutte le mie domande di tipo pratico-pedante, e
sono cosi' felice che grazie alla sua lezione anch'io,
finalmente incurante del suddetto manuale che definiva
poco ortodosso inserire il ringraziamento al relatore,
sia riuscita a ragionare con la mia testa e il suo nome
nei miei ringraziamenti l'abbia messo, perche' di certo
non era un relatore come tutti gli altri, quelli con gli
assistenti, gli appuntamenti importanti e tutto il resto.
E ancora mi ricordo sorridendo di quando mi segui' correndo
come poteva giu' per le scale dal suo studio appollaiato
lassu' al quarto piano, gridando "signorina! signorina!
Cecilia!", con quella sua voce inconfondibile, per
comunicarmi un titolo migliore a cui aveva pensato,
prima che io andassi a depositarlo in segreteria, o di
quando mi telefono' il giorno dopo la laurea, o di quando
andai nel suo studio in via Mascarella per fargli firmare
la tesi e lui mi accolse dicendomi "allora, signorina,
come ha fatto a scovare il mio antro?", e delle
belle cose che mi diceva sul mio modo di scrivere, e di
quanto questo mi sia servito per trovare il coraggio
di continuare a farlo.
Non posso dimenticare e non posso pensare che lui non
c'e' piu', che non potro' piu' arrampicarmi su per quelle
scale per entrare in quello studio buio e fumarci insieme
l'immancabile sigaretta ("lei ha portato una sigaretta
per me, vero?"), parlando e sorridendo e sentendomi
fortunata.
Non posso pensare che tutto questo non potro' piu' farlo,
che non potro' andare li' e magari dirgli quanto lo
ammirassi e gli volessi bene, e come fra noi suoi studenti
laureandi lo definissimo semplicemente un mito, si',
proprio cosi', con questa parola noi ne parlavamo
osservandolo insieme con le sue camicie sporchine e i
pantaloni bucati, e a volte all'improvviso tirato a lucido
e splendente, quando meno te l'aspettavi. C'era chi ne
aveva ricostruito la vita, o aveva tentato, chi assisteva
da anni a tutte le sue lezioni senza perderne una.
Non mi sembra di riuscire a vedere molti altri miti
aggirarsi per quei corridoi, e per questo sono cosi'
felice di avere scelto Lui, di avere avuto il privilegio
di parlargli e conoscerlo un po' meglio, di averci
scherzato e riso insieme, o semplicemente di averlo visto,
magari nei suoi giorni no, quando riusciva comunque a
farmi sentire il suo affetto e la sua ironia, e di poter
conservare per sempre tutti questi e tanti altri ricordi
cosi' preziosi.

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Per Guido Guglielmi, 16 agosto 2002. Anno VIII, 4.

Direttore: Federico Pellizzi; Redazione: Michela Aveta,
Eleonora Conti, Stefania Filippi, Anna Frabetti,
Marco Giovanardi, Ada Reggio, Saverio Voci.

Dipartimento di Italianistica
dell'Universita' di Bologna,
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Fax +39 051 2098555; tel. +39 051 2098595/334294.
Reg. Trib. di Bologna n. 6436 del 19 aprile 1995.
ISSN 1124-1578

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