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          BOLLETTINO '900 - Segnalazioni / A , settembre 1997             Successivo

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ELIDE CASALI
PIERO CAMPORESI TRA PRESENTE E PASSATO

Tracciare un profilo di Piero Camporesi (1926-1997) in poche cartelle e'
un'impresa che ha del difficile se non proprio dell'impossibile. Cosa si
puo' dire in cosi' breve spazio di un uomo la cui "perdita" (24 agosto
1997) -come viene ufficialmente riconosciuto- "lascera' un vuoto
difficilmente colmabile" (W. Veltroni, W. Vitali, F. Roversi Monaco) e -
come ribadito dagli intellettuali del nostro Paese - "un vuoto
appariscente" nel panorama della cultura italiana (C. Marabini), perche'
Camporesi era "unico nel suo modo di far letteratura" sia nella ricerca
sia nella scrittura. In questa sede e' possibile solo parzialmente e a
tratti illustrare il personaggio e la sua opera, mentre appare opportuno
sottolineare che Piero Camporesi e' stato uno studioso e un maestro la cui
produzione va studiata, capita, approfondita, con iniziative che
mantengano viva la forza di quella creativita' singolare che l'ha
prodotta, di quella genialita' nel percorrere i territori delle fonti
storiche e letterarie, di quella fantasiosa capacita' di scrittura che
hanno fatto dei libri di Camporesi dei veri gioielli della cultura.

*Chi era Piero Camporesi?*

A partire dal 1969 fino al 1996 aveva insegnato lingua e letteratura
italiana all'Universita' di Bologna, dapprima alla Facolta' di Magistero,
poi alla Facolta' di Lettere e Filosofia, distinguendosi per oltre
vent'anni come docente al corso di Laurea D.A.M.S. Era - si scrive di lui
- "un bravissimo professore di letteratura italiana sfociato
nell'antropologia; in realta' un autentico scrittore finalmente approdato
a un tipo di saggistica poco praticato" in Italia (C. Marabini). Era
studioso di folclore, di storia della cultura materiale, di antropologia
storica e letteraria, della cultura popolare. Era dotato di "una
personalita' complessa", cui s'aggiungevano "una finissima vena d'ironia e
di spassoso godimento" (C. Marabini), una "rara potenza rappresentativa
condita ... di umorismo" (C. Carena), "tanta passione e tanta lucidita'"
(G. Ferroni), "la generosita' e la cordialita' della sua natura" (C.
Carena). I suoi primi studi (le edizioni de *Il romitorio* e delle
*Lettere* di Ludovico di Breme, 1961 e 1966; gli *Estratti d'Ossian e da
Stazio per la Tragica* di Vittorio Alfieri, 1969) gli meritarono gli
appellativi di "erudito" e "filologo", poi, imboccata la via
dell'antropologia della cultura popolare, alla quale aveva voluto dare la
sua dignita', negli anni Ottanta e Novanta viene etichettato come
"antropologo totale" (G. Ferroni). Era uomo di "sostanziosissima
dottrina" (S. Giovanardi), di "*culture multiforme*" (R. de Ceccaty),
"personalita' gentile" (C. Carena), "ricercatore e saggista infaticabile"
(G. Ferroni), con "una capacita' di lavoro straordinaria"(C. Carena). Era
scrittore "degli ultimi di quella progenie di prosatori che ha fatto
grande la nostra lingua nell'epoca del suo declino culturale" (M.
Belpoliti), con una prosa raffinata e inimitabile, di ampio respiro "a
lasse ininterrotte, per progressivi allargamenti e una continua perdita
del punto centrale di osservazione" (R. Minore). Riteneva che la scrittura
fosse (sono sue le parole) "un momento liberatorio, tanto esaltante e
dionisiaco che va disciplinato con meditazione apollinea" (S. Giovanardi).
Ristampando nel 1995 nel volume *Il governo del corpo* (Garzanti) alcuni
interventi su quotidiani e gli elzeviri che aveva scritto per il "Corriere
della Sera", Camporesi si trovava a far i conti con una certa sua
produzione che non sapeva piu' se far rientrare nell' "appartato genere
letterario" della "saggistica", che gli sembrava "diventata una specie di
elastico contenitore delle voci piu' disparate", "uno strano polpettone",
"una screziata insalata mista". In quell'occasione egli faceva il punto
sulla sua fisionomia culturale, tracciando di se' un indimenticabile
autoritratto ironico e illuminante, una pagina che illustra mirabilmente
la natura del suo viaggio culturale: "non posso ritenermi uno storico
(almeno nel senso tradizionale della parola), non sono un critico
letterario (almeno nel senso stretto e un po' limitativo del termine), non
sono un sociologo della letteratura (anche se credo di aver offerto
qualche strumento e non pochi materiali ai professionisti di questa -
chiamiamola cosi' - disciplina), non mi sento un cattedratico (e pur da
molti anni insegno in una italica universita', senza essere mai stato
assistente e portaborse di nessuno): posso solo dichiarare di essere
*academico di nulla academia*". "Italianista (uso con un certo disagio
questo termine) non solo per professione ma anche per mai rinnegata
sebbene non incrollabile vocazione, sono stato adescato cammin facendo da
molte e varie tentazioni e attratto da piu' ariosi e meno calpestati
paesaggi dove il turismo culturale universitario non metteva (negli anni
Settanta e Ottanta) di solito il piede. Sono riuscito cosi' a guardare da
molte finestre e soprattutto a respirare qualche buona boccata d'aria
diversa piu' ricca d'ossigeno e ionizzante. Ho fornicato con la storia
alimentare, con i manuali di cucina, con l'economia agraria, con le
culture dei campi, della strada e della fame, ho visitato il paese di
cuccagna e quello di carnevale. Mi sono piacevolmente sentito un marginale
e ho vissuto liberamente *in limine* per un quarto di secolo: ho
frequentato per un certo tempo santi padri e teologi, sono andato con
predicatori, esorcisti, medici, anatomisti, naturalisti, speziali,
"minerari" e "pratici investigatori", ciarlatani, spacciatori di segreti,
vagabondi e zerganti, buffoni e cantimbanchi e simil geni'a. Senza,
naturalmente, abbandonare i classici e lavorando sugli autori del canoneª
(*Il governo del corpo*, p. 8).

*I libri*

Le relazioni dei suoi "viaggi" nei territori di confine della letteratura
si sono tradotte in una serie nutrita di libri "gustosi e vagamente
inclassificabili"(C. Altarocca), "libri fuori collana, e senza recensori
su misura" (F. Camon) che prestigiose case editrici (Einaudi, Il Mulino e
Garzanti) hanno pubblicato e diffuso dal 1970 ad oggi, titoli accattivanti
e suggestivi, tematiche affascinanti e inedite. La ricerca relativa
all'edizione del libro di Pellegrino Artusi *La scienza in cucina e l'arte
di mangiar bene* (1970) -come raccontava in una intervista- gli aveva
aperto gli orizzonti verso i vari problemi dell'esistenza e lo aveva
indirizzato allo studio dei simbolismi della vita. Nel *Libro dei
vagabondi *(1973) aveva tracciato un affresco mirabile del mondo degli
itineranti dal medioevo all'eta' moderna. Da questi due importanti lavori
discendono poi tutte le indagini successive, quelle legate agli aspetti
della marginalita' sociale (*Il pane selvaggio*, Il Mulino 1980 e 1983),
alle rappresentazioni dell'immaginario collettivo (*La casa
dell'eternita'*, Garzanti 1987), alla scienza e al linguaggio del corpo
(*La carne impassibile*, Il Saggiatore 1991; *I balsami di Venere*,
Garzanti 1989; *Le officine dei sensi*, Garzanti 1985 e 1991), alle
mitologie alimentari e ai rituali della cultura contadina (*Alimentazione
folclore societa'*, Pratiche Editrice 1980 e 1983, poi *La terra e la
luna*, Il Saggiatore 1989; *Il brodo indiano *, Garzanti 1990, e *Le vie
del latte*, Garzanti 1993), ai simbolismi del sangue (*Il sugo della
vita*, Edizioni di Comunita' 1984, Mondadori 1998, con inedita
introduzione Garzanti 1997), alle testimonianze della cultura e della
letteratura di piazza, con particolare attenzione alla prospettiva
carnevalesca dell'opera di G.C. Croce (*La maschera di Bertoldo*, Einaudi
1976 e l'edizione einaudiana di G.C. Croce, *Bertoldo e Bertoldino*, 1978,
riproposti da Garzanti 1993) e ai rapporti tra il cantastorie e la cultura
elitaria bolognese (*Il palazzo e il cantimbanco G.C. Croce*, Garzanti
1994), all'Italia del Rinascimento tratteggiata nel suo paesaggio
dall'opera manuale degli industriosi e vitali esperti delle arti
meccaniche e artigianali (*Le belle contrade*, Garzanti 1992), ad artieri,
inventori e impostori nell'eta' moderna (*La miniera del mondo*, Il
Saggiatore 1990) e infine al ritratto di Leonardo Fioravanti, medico e
chirurgo itinerante bolognese del XVI secolo (prima abbozzato ne *La
miniera del mondo*, poi ripreso in *Camminare il mondo*, Garzanti,
previsto per il novembre '97).

*Presente e passato*

Le indagini condotte da Piero Camporesi erano dettate dall'esigenza di
approfondire le tematiche affrontate, perche' non amava "fare storia" -
come diceva - in modo "schematico e grossolano". La ricerca del passato,
che non di rado prendeva le mosse dallo sguardo critico verso il presente,
costituiva per Camporesi "un modo di guardare al presente senza
appiattirsi" (E. Gagliano). Era un severo fustigatore dei costumi e delle
manie della nostra societa': "il mondo presente proprio non gli piaceva,
cosi' bastardo, degradato, superindustrializzato, pronto a tutte le
novita' piu' dissennate, foriere di sciagure per l'eleganza, la
tradizione, il buon gusto" (C. Altarocca), per la salute, il lavoro, la
casa, la famiglia. E' riduttivo dire che Camporesi fu "curioso
dell'umanita' minore": l'amore e la sofferenza per i diseredati, per i
disgraziati, per gli affamati, per gli accattoni, per i meno fortunati,
per i disoccupati, per i sottopagati indirizzavano la sua mano di
scrittore e di rabdomante di forme e di aspetti della cultura folclorica.
Camporesi non amava le ingiustizie sociali, le crudelta' politiche, le
"ideologie piu' aberranti" di un mondo che lo aveva guidato nello studio
e nella scrittura caricandolo - come giustamente ha visto Carlo Carena -
"di tanto dolore" e sofferenza. Per capire l'opera di Piero Camporesi, la
grandezza e la singolarita' del suo magistero, per non lasciar cadere nel
silenzio, nel vuoto, nella marginalita' l'eccezionalita' della sua
presenza nella cultura del Novecento, e' necessario ripercorrere i suoi
itinerari di ricerca, cogliere le sue sollecitazioni, farsi guidare dalla
sua infinita erudizione, dal suo articolato sapere, leggere, studiare i
suoi libri (le sue piu' sublimi lezioni) con il corredo di tutte le
testimonianze che, per fortuna, con generosita' e pazienza egli ha voluto
lasciare con le interviste sui quotidiani e sui rotocalchi e non solo
nazionali. Per ricomporre il quadro delle sue attivita' culturali, del suo
profondo impegno civile di professore, di studioso, di scrittore e di uomo
e' indispensabile, inoltre, sondare quella attivita' extra- accademica che
lo vide corteggiato elzevirista, divertente conferenziere, scrupoloso
convegnista, prestigioso lettore per il Premio Strega, impeccabile giurato
al Premio Viareggio e al Premio Nonino, prezioso consulente scientifico
per la cultura popolare alla Fondazione Cini, consigliere alla Biblioteca
internazionale "La Vigna" di Vicenza. Per abbracciare interamente la
produzione di Camporesi e' altresi' necessario andare oltre la fortuna
incontrata nella penisola, varcare i confini d'Italia e d'Europa, seguendo
le tracce dei suoi libri, le fittissime traduzioni in diverse lingue e in
molte parti del mondo, individuare i ricercatori che ai suoi libri si
ispirarono e s'ispirano tuttora, letterati, scrittori, critici, registi.
Solo cosi' la cultura italiana sapra' rendere i meriti dovuti all'uomo
dotato di grande senso del lavoro, allo studioso appassionato, al
ricercatore industrioso e originale, allo scrittore d'eccezione, a colui
che scavo' tra la polvere dei secoli per dare vita ai morti, affinche' il
patrimonio da lui lasciato non solo non si deteriori e venga dimenticato,
ma possa "fare scuola" continuando a ricevere riconoscimenti numerosi come
quelli che Camporesi ebbe (Bellonci, Nonino, Tevere, Guidarello, Scala,
Ruffino, Barbi Colombini ...) e che sembravano coglierlo di sorpresa e
divertirlo, rendendolo orgoglioso del suo ininterrotto dialogo con il
passato. [Le citazioni sono tratte da articoli comparsi sulla stampa
italiana e francese]


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© Bollettino '900 - versione e-mail
Electronic Newsletter of '900 Italian Literature
SEGNALAZIONI / A, settembre 1997. Anno III, 5.

Redazione: Vincenzo Bagnoli, Daniela Baroncini, Stefano Colangelo,
Eleonora Conti, Stefania Filippi, Anna Frabetti, Federico Pellizzi.

Dipartimento di Italianistica
dell'Universita' di Bologna,
Via Zamboni 32, 40126 Bologna, Italy,
Fax +39 051 2098555; tel. +39 051 2098595/334294.
Reg. Trib. di Bologna n. 6436 del 19 aprile 1995.
ISSN 1124-1578

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http://www.comune.bologna.it/iperbole/boll900/
http://www.brown.edu/Departments/Italian_Studies/boll900/

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