Note:


1 Nella storia letteraria la rappresentazione visiva caratterizza ad esempio la lunga tradizione delle cosiddette "sister arts", tradizione in cui le arti figurative venivano concepite come modello da seguire. Nella letteratura contemporanea l'"école du regard" costituisce una realizzazione estrema della poetica della visualità.

2 Cfr. I. Calvino, Sei proposte per il prossimo millennio [1988], in I. Calvino, Saggi 1945-1985, a cura di M. Barenghi, I Meridiani, Milano, Mondadori, 1995, p. 680.

3 Per la differenza strutturale fra l'universo visivo e quello sonoro si veda H. Parret, (Syn)esthésies du visible, in Del visibile, «Versus. Quaderni di semiotica», 1993, n. 65-66, p. 61: «En effet, la sonorité est naturellement chaotique tandis que la visibilité est naturellement cosmique. La vertu cosmique du visible s'impose à nous puisque c'est l'oeil qui projette de l'ordre dans la réalité environnante. Le bruit, par contre, reste toujours chaotique même s'il nous renvoie à une source, une voix ou un instrument par exemple».

4 Come ad esempio Daniele Del Giudice in Il museo di Reims, Torino, Einaudi, 1988.

5 Si veda I. Calvino, Sei proposte per il nuovo millennio, cit., p. 678.

6 Per la problematizzazione della vista e della visibilità nel pensiero e nella letteratura del Novecento rimando a M. Jay, Downcast Eyes: The Denigration of Vision in Twentieth-century French Thought, Berkeley, Los Angeles, 1994. Si veda anche il libro di W.J.T. Mitchell sul problema del "pictorial turn" nella cultura e letteratura moderna: «Whatever the pictorial turn is, then, it should be clear that it is not a return to naive mimesis, copy or correspondence theories of representation, or a renewed metaphysics of pictorial 'presence'; it is rather a postlinguistic, postsemiotic rediscovery of the picture as a complex interplay between visuality, apparatus, institutions, discourses, bodies, and figurality», W.J.T. Mitchell, Picture Theory, Chicago University Press, 1994, p. 16.

7 Mondo scritto e mondo non-scritto, in I. Calvino, Saggi 1945-1985, cit., p. 1874.

8 Fatto sta che dei tre racconti completati prima della morte dell'autore nel 1985 nessuno tratta della vista. Nella gestazione della serie i sensi dell'olfatto, del gusto e dell'ascolto sembrano perciò aver avuto un certo privilegio nei confronti di quelli del tatto e della vista. Racconti per "I cinque sensi" è il titolo proposto dai curatori dei Romanzi e racconti nell'edizione dei "Meridiani".

9 Questa infatti ci sembra essere una delle possibili interpretazioni suggerite dalla seconda via proposta da Calvino per la letteratura fantastica del Duemila: «Oppure fare il vuoto per ripartire da zero. Samuel Beckett ha ottenuto i risultati più straordinari riducendo al minimo elementi visuali e linguaggio, come in un mondo dopo la fine del mondo», Sei proposte per il prossimo millennio, cit., p. 711. Ricordiamo che anche Beckett dopo essersi spinto verso l'ultima frontiera della rappresentazione del visibile e forse anche oltre, mette in scena la rappresentazione, anch'essa in fin dei conti impossibile, dell'udibile (Krapp's Last Tape) e della percezione tattile (How it is). Facciamo comunque presente che la gestazione di due dei racconti calviniani risale agli anni Settanta (Il nome, il naso esce su «Playboy» già nel 1972, mentre i primi abbozzi per Un re in ascolto sono del 1977). La gestazione dei Cinque sensi è perciò in parte parallela alla creazione dei testi per Palomar, ai quali Calvino incomincia a lavorare nel 1975. Questo però non contraddice la nostra ipotesi: è presumibilmente in parte dopo l'esperimento Palomar che Calvino decide di dedicarsi in pieno agli altri sensi, cioè di mettere insieme e di completare la serie dei Racconti per "I cinque sensi".

10 Le citazioni rimandano a Palomar, in I. Calvino, Romanzi e racconti II, a cura di M. Barenghi e B. Falcetto, Milano, Mondadori 1993.

11 Cfr. la nota di Claudio Milanini in I. Calvino, Romanzi e racconti III, a cura di M. Barenghi e B. Falcetto, Milano, Mondadori 1994, pp. 1218-1219. Per un resoconto delle discussioni con Berio e delle divergenze fra i punti di vista di entrambi rimandiamo alle lettere di Calvino a Berio, A proposito di "Un re in ascolto" (due lettere inedite di Italo Calvino a Luciano Berio, in Berio, a cura di E. Restagno, Torino, EDT, 1995, pp. 135-141).

12  R. Barthes, Ecoute, in L'Obvie et l'obtus. Essais critiques III, Parigi, Editions du Seuil, 1982, p.223.

13 Le citazioni rimandano a I. Calvino, Romanzi e racconti III, cit.

14 Questa descrizione sembra riprendere all'inverso un brano di Barthes, in cui l'anatomia dell'orecchio è descritta in termini architettonici: «elle (l'oreille) reçoit le plus d'impressions possible et les canalise vers un centre de surveillance, de sélection et de décision; les plis, les détours de son pavillon semblent vouloir multiplier le contact de l'individu et du monde, et cependant réduire cette multiplicité en la soumettant à un parcours de tri», R. Barthes, L'obvie et l'obtus,cit., p. 219.

15 Il brano sembra riprendere la descrizione di Roland Barthes del «géno-chant» (in contrapposizione al «phéno-chant») nel saggio La grain de la voix: «quelque chose qui est directement le corps du chantre, amené d'un même mouvement, à votre oreille, du fond des cavernes, des muscles, des musqueuses, des cartilages [...], comme si une même peau tapissait la chair intérieure de l'exécutant et la musique qu'il chante [...]», in R. Barthes, L'obvie et l'obtus,op.cit., p. 238.

16 Alla fine della seconda lettera a Berio, Calvino sottolinea l'importanza dell'immagine mitica della Sirena, citando (come aveva fatto anche Roland Barthes) un brano famoso di Maurice Blanchot: «C'era qualcosa di meraviglioso in quel canto reale, comune, segreto, canto semplice e quotidiano, che tutto a un tratto si dava da riconoscere ... canto dell'abisso: che, inteso una volta, apriva in ogni parola un abisso e invitava con forza a sparirvi dentro», I. Calvino, A proposito di "Un re in ascolto", cit., p. 141.

17 I. Calvino, Per Un re in ascolto di Berio: libretto originale 1979, in Testi per musica, in Romanzi e racconti III, cit., p. 743.

18 Contrariamente a ciò che suggerisce il sottotitolo The Sea and the mirror (1945) non è un "commento" alla Tempesta di Shakespeare, ma piuttosto un'aggiunta in cui i vari personaggi, dopo la fine del dramma, passano in rassegna le loro proprie storie. Sono testi in cui si ironizza sul potere dell'arte e dell'artista e in cui i personaggi, in ritornelli parlati da Antonio, prendono le loro distanze rispetto al progetto di conciliazione di Prospero.

19 I. Calvino, Per Un re in ascolto di Berio: arie di Prospero, in Testi per musica, in Romanzi e racconti III, cit., p. 759.

20 Ivi, p. 760.

21 R. Barthes, Ecoute, in L'obvie et l'obtus, cit., p. 223.

22 Ricordiamo che l'invenzione del telefono, come una delle prime invenzioni fonografiche aveva luogo alla fine del diciannovesimo secolo: Thomas Bell, 1876. Insieme ad altri apparecchi fonografici, come soprattutto il grammofono, il telefono avrà un ruolo importante nel romanzo del primo Novecento (Proust, Kafka, Joyce ecc.). Per la dissociazione fra corpo e voce si veda Barbara Engh per la quale il telefono è «the first technology to disembody the voice», B. Engh, Adorno and the Sirens: tele-phonographic, in Leslie C. Dunn e Nancy E. Jones, Embodied Voices: Representing Female Voices in Western Culture, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, p. 121.

23 I. Calvino, La nuvola di smog, in Romanzi e racconti I, edizione diretta da C. Milanini, a cura di M. Barenghi e B. Falcetto, I Meridiani, Milano, Mondadori, 1991, pp. 913, 914, 916.

24 I. Calvino, Romanzi e racconti II, edizione diretta da C. Milanini, a cura di M. Barenghi e B. Falcetto, I Meridiani, Milano, Mondadori, 1992, p. 72.

25 R. Barthes, L'obvie et l'obtus, cit., p. 225.

26 Le citazioni rimandano a I. Calvino, Romanzi e racconti III, op.cit.

27 Le citazioni rimandano a I. Calvino, Racconti per "I cinque sensi", in Romanzi e racconti III, op.cit.

28 Il titolo Sapore, sapere era, come ricorda Claudio Milanini nella sua nota all'edizione dei "Meridiani", il titolo del secondo dattiloscritto (cfr. le note di C. Milanini in Romanzi e racconti III, cit. p. 1218). Il titolo è per altro consono alla citazione dal Dizionario dei sinonimi di Niccolò Tommaseo che precede il testo. Ricorda inoltre, come fa presente Milanini, l'accostamento fatto da Barthes nella sua lezione inaugurale al Collège de France delle due voci "saveur" e "savoir" (cfr. R. Barthes, Leçon, Parigi, Editions du Seuil 1978, p. 76).

29 Per "l'indefinito udibile" rimandiamo a diversi brani dello Zibaldone di Giacomo Leopardi, in cui il poeta recanatese parla proprio del senso "confuso" provocato dal suono o dal canto, soprattutto se viene da lontano (Zib., 1927-1928). Sono brani che (accanto a quelli citati nelle Sei proposte hanno certamente ispirato Calvino (si veda U. Musarra-Schrøder, Lo Zibaldone nel discorso critico di Italo Calvino, in Lo Zibaldone. Cento anni dopo, I, Firenze, Olschki, 2001, pp. 345-357).


Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 2002-2003

Giugno-dicembre 2002, n. 1-2