Carlo Schiavo
Il racconto italiano di fantascienza negli anni Novanta

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Sommario
I.
II.
III.
IV.
V.
Introduzione
Breve storia e parametri di lettura critica
Il cyberpunk
Le antologie degli anni Novanta
Conclusioni



§ II. Breve storia e parametri di lettura critica

I. Introduzione

Secondo Vittorio Curtoni, la fantascienza italiana ha per lungo tempo avuto una speciale predilezione per la misura del racconto, anche se esclusivamente a motivo delle «condizioni del mercato».1 I racconti apparivano in massima parte su riviste, su periodici da edicola e su fanzine. Dalla fine degli anni Settanta, però, si è assistito al crollo ed alla successiva estinzione di tali pubblicazioni (con l'eccezione delle fanzine, e con l'acquisizione per il racconto delle nuove possibilità offerte dalla Rete). Di contro, si è avuta una parallela espansione del mercato librario. Il romanzo ha così trovato molto più spazio, oltre al maggior gradimento dei lettori. Negli anni Novanta, inoltre, i romanzi hanno conosciuto un grosso incremento di vendite, di pubblico e di riconoscimenti a partire dal successo, nel '94, di Nicolas Eymerich, inquisitore di Valerio Evangelisti. Per quanto riguarda le antologie di racconti, invece, seppure aumentate hanno costituito ancora degli «episodi sporadici».2

 

§ III. Il cyberpunk

II. Breve storia e parametri di lettura

Nonostante questa relativa scarsità di materiale, abbiamo tentato di reperire delle eventuali linee-guida nella produzione fantascientifica nazionale. Gilda Musa e Inísero Cremaschi, curatori nel '64 di una delle prime antologie italiane,3 credevano di averne individuata una nell'«interesse per i risvolti umani», come ebbe a ribadire Curtoni.4
Tenendo comunque nella dovuta considerazione le scelte e le inclinazioni dei curatori di questa antologia (come poi delle altre), riteniamo che detta tendenza possa derivare in buona parte da fattori culturali. Oltre a quello di Musa e Cremaschi, Curtoni riportava anche il pensiero di Lino Aldani, che nel '62 definiva la fantascienza come «capace di porre il lettore, attraverso l'eccezionalità o l'impossibilità della situazione, in un diverso rapporto con le cose».5 Ci pare, invero, che questo assunto somigli a quello avanzato da Darko Suvin, il quale chiamando in causa Šklovskij, Brecht e Ernst Bloch, propone «una lettura della fantascienza come 'letteratura dello straniamento cognitivo'»6 ottenuto mediante un «novum, o innovazione cognitiva [...] che devía dalla norma della realtà dell'autore e del lettore implicito».7 Suvin, come Curtoni, ha una formazione critica di dichiarato stampo marxista; inoltre, entrambi provengono da un retroterra culturale improntato al realismo socialista.
Crediamo che tale similarità di lettura derivi dunque da un'affinità di approccio al genere. Il campo, secondo queste coordinate, appare del tutto sgomberato dalla letteratura di pura evasione, mentre viene accordato un privilegio alle scienze soft a fronte di quelle hard (ossia quelle che più si concentrano sui dati tecnologici, che vengono per lo più presi in se stessi e per se stessi):

«le sciences humaines o scienze storico-culturali come l'antropologia, la sociologia o la linguistica [...] sono ugualmente basate su metodi scientifici. [...] Queste "scienze soffici", perciò, possono, con ogni probabilità, meglio servire come base per la fantascienza delle scienze naturali "dure"; e di fatto sono state la base di tutte le migliori opere fantascientifiche»8

Anche se quest'ultima frase parrebbe contenere un giudizio di valore, in realtà ci sembra che la considerazione venga formulata secondo i parametri scelti da Suvin per la definizione del genere; parametri con i quali ci troviamo per lo più concordi.
Proprio sulle scienze umane, quindi, si fonda almeno nelle intenzioni la via umanistica di quasi tutte le storie raccolte nell'antologia citata sopra. Detta via andò affermandosi anche grazie al verificarsi di due favorevoli coincidenze storico-letterarie. Negli anni Cinquanta, infatti, il tipo di fantascienza più in voga negli Stati Uniti (Paese a cui sempre gli scrittori nostrani hanno fatto riferimento) era la cosiddetta fantascienza sociologica; all'inizio dei Sessanta, poi, in Inghilterra Ballard invitava ad esplorare lo «spazio interno»: «Le trasformazioni più importanti che avverranno nell'immediato futuro non avverranno sulla Luna o su Marte, ma sulla Terra; è lo spazio interno -e non quello esterno- che necessita di essere esplorato».9 Il risultato cui pervenne tale ricerca si concretizzò nell'accordare più attenzione all'introspezione psicologica nei confronti della costruzione della trama, e nel curare maggiormente l'aspetto formale, che si avvicinò al tipo modernista.
L'intento, dichiarato anche dai nostri autori, era in sostanza quello di utilizzare la fantascienza «come semplice modulo narrativo»,10 e di fare in modo che essa entrasse a far parte e venisse considerata alla stregua della letteratura alta, o di quella mainstream. La qual cosa, ha comportato la tensione ad un difficile equilibrio tra quella che per costituzione era sempre stata letteratura di massa (quando non di mero consumo) e, d'altro lato, le istanze moderniste; lo stesso equilibrio e le medesime istanze, in pratica, che hanno caratterizzato la New Wave fantascientifica inglese, che andava definendosi come antitecnologica e fortemente antropocentrica. Per meglio comprendere le intrinseche difficoltà di questa operazione di bilanciamento, è forse opportuno citare Franco Moretti, secondo il quale «[...] in questo secolo le forme narrative capaci di affrontare le grandi strutture e trasformazioni della vita sociale appartengono molto spesso ai diversi generi della letteratura o, più in generale, della cultura di massa».11 Già avvertiamo, quindi, un'affinità con quanto in precedenza riportato del pensiero di Suvin, ma allo stesso tempo una possibile stonatura con le intenzioni dei nostri scrittori. Il punto di maggior attrito, d'altro canto, si ha nella concezione di costruzione della trama. Ancora Moretti, infatti, ci dice che «abbandonato come inelegante dalla letteratura modernista, l'intreccio narrativo fu inevitabilmente adottato da un sistema letterario parallelo - la letteratura di massa».12 Quella modernista, difatti, è la letteratura del frammento, della concentrazione sul livello formale, della riflessione sulla letteratura stessa, mentre «la letteratura di massa ci attrae perché "sa raccontare delle storie"».13
È vero, allora, che molti dei racconti antologizzati presentano un'evidente attenzione soprattutto al dato antropologico e a quello sociale; allo stesso modo, poi, alcuni di essi sembrano decisamente costruiti alla maniera dell'onirismo ballardiano (reso però meno criptico)14 e della short story modernista, con simbolismi (anche filosofici) e struttura frammentaria: qualità che in quelli che riteniamo i più riusciti trovano un assai interessante connubio con l'attenzione alle vicende della contemporaneità (che nella fantascienza, ovviamente, sono metaforizzate) e la loro organizzazione in un intreccio più o meno sviluppato. Altrettanto vero, però, è che tale compresenza risulta piuttosto rara, in quanto di difficile realizzazione.
Questa situazione perdurò pressoché immutata fino all'inizio degli anni '90: tranne poche eccezioni, basate sull'abilità di singoli autori, il racconto italiano che non avesse voluto fermarsi all'evasione in parecchi casi divenne, con l'andare del tempo, sempre più didascalico quando non moralistico, presentando ovvie e trite metafore; oppure, calcando la mano sulla forma, offriva una «scrittura pomposa ed autocompiaciuta»,15 o si ammantava di involontaria comicità nella ricerca di soluzioni poetiche. Le antologie, dal canto loro, proponevano una miscellanea di generi piuttosto gratuita, in cui il ruolo preponderante veniva ricoperto la maggior parte delle volte da un generico fantastico, tanto che alla fantascienza spettava, e persino all'interno delle singole storie, un ruolo addirittura marginale.16
Nell'ultimo decennio del secolo, tuttavia, è sembrato che le cose cambiassero. Era arrivato il cyberpunk, su un terreno, per altro, già dissodato e pronto ad accoglierlo.

 

§ IV. Le antologie degli anni Novanta

III. Il cyberpunk

Il cyberpunk è comparso in Italia col consueto ritardo rispetto alla produzione angloamericana. All'inizio degli anni Novanta, in effetti, negli Stati Uniti il cyberpunk «puro», come genere letterario, era stato ufficialmente dichiarato concluso. Tuttavia, le sue idee, le sue tematiche e molti dei suoi caratteri costitutivi si erano riversati a raggiera e in mille diverse sfumature sulla letteratura di fantascienza e non solo su di essa. Si può affermare, infatti, che il cyberpunk costituisse un genere quasi a sé, sorto alla convergenza tra letteratura postmodernista e letteratura fantascientifica, riprendendo, della prima, moduli, stilemi e soluzioni linguistiche, mentre della seconda l'impianto generale.
In ogni caso, ciò che più conta ai fini del nostro lavoro è il fatto che il cyberpunk avesse la costitutiva intenzione di sancire «la fine dell'antropomorfizzazione del mondo, del pensiero antropocentrico che da sempre ha visto l'uomo come centro dell'universo, misura di tutte le cose».17 In realtà, specie durante il primo periodo, i racconti si limitano ad inscenare supposti futuri mutamenti in trame d'avventura d'evasione, con una sovrabbondante spettacolarizzazione che tende a causare in chi legge un annullamento delle capacità riflessive. Le storie siffatte sono quelle in cui più centrale è l'elemento tecnologico, nonché quelle che presentano caratteri più marcatamente postmodernisti, ove anche gli stilemi ballardiani, ripresi insieme a molti altri, riescono svuotati ed appiattiti. Con l'andare del tempo, però, l'effettistica per lo più gratuita inizia a scemare, e si comincia a tentare di prendere coscienza delle possibili conseguenze che i suddetti cambiamenti nella strutturazione della realtà e della società potrebbero comportare per l'uomo. Allo stesso modo, il modello di narrazione si riaccosta a tipologie più classiche, più vicine al già ricordato concetto di letteratura popolare, ma con interessanti sfumature e puntate moderniste da parte degli autori maggiormente avvertiti.18
Per Jameson, occorre chiarire, il postmodernismo ha visto il vanificarsi delle distinzioni tra la cultura alta e quella di massa, con conseguente «ritorno al gusto di raccontare storie»;19 tuttavia, si dovrebbero intendere come ben differenti la Trivialliteratur e la letteratura postmodernista, in accordo con la qualità al grado secondo che caratterizza quest'ultima rispetto all'altra, con annessa differenziazione nel modo di narrare. Necessariamente semplificando, il postmodernismo ha conglobato la letteratura di massa, investendola, in cambio, delle problematiche stilistiche e critiche che pertenevano al livello letterario alto. In questo modo, anche per una narrativa come quella cyberpunk, che avrebbe dovuto affrontare in maniera diretta il contesto esterno in ottemperanza al suo lato fantascientifico, «"l'innovazione stilistica non è più [stata] possibile"»,20 ed «è stata soppiantata da un collage di discorsi contemporanei, una fusione senza gerarchizzazione di valori di fonti disparate».21 Ciononostante, come si diceva, il compito cognitivo che attiene e caratterizza la fantascienza, sentito da alcuni come particolarmente necessario nella presente epoca di generali e radicali trasformazioni, ha permesso in determinati casi alla qualità popolare di fungere da equilibrante contraltare al postmodernismo, riuscendo anche a prenderne il sopravvento.

Per quanto detto in precedenza, ci si aspetterebbe che in Italia si sia intrapresa precisamente questa strada. Invece, pare che gli scrittori italiani delle generazioni più giovani abbiano in un primo momento risentito degli influssi americani maggiormente tesi tanto al fattore tecnologico quanto alla letteratura d'evasione, stemperando quella singolare maniera tutta nostrana. Sembra anzi che vi sia stato un radicale rovesciamento di prospettiva. Prima dei Novanta, «il risvolto tecnologico-scientifico, o anche solo avveniristico, era volutamente messo ai margini»,22 a motivo di un annoso ritardo sul piano fattuale, e in quanto si è per lungo tempo risentito della programmatica scelta di tener separate a livello culturale la scienza hard dalle belle lettere; inoltre, l'«azione [era] ridotta al minimo, o del tutto assente».23 Dopodiché, al contrario, quelle istanze hanno decisamente prevalso, anche (se non soprattutto) in quanto il progresso tecnologico ha conosciuto un'accelerazione come non mai poderosa e un'espansione pressoché radicale in tutti o quasi gli ambiti della vita quotidiana. L'intrusione del cyberpunk parrebbe quindi essere giunta ad interpretare e a dare forma ad un bisogno diffuso.

 

§ V. Conclusioni

III. Le antologie degli anni Novanta

Due antologie, uscite entrambe nel 1995 e per la medesima casa editrice, possono fornire un eloquente esempio. Nella prima, Fantasia: fantascienza, fantasy, horror,24 i racconti fantascientifici coprono un po' tutte le tipologie: dalla classica novella centrata sul sociale alla storia di pura evasione a quella improntata all'ironia parodizzante, dal manierismo pretenzioso alla New Wave di buon livello, dalla parabola politica con tendenze formali postmoderniste al cyberpunk puro. Si può già notare, invero, un sensibile allargamento dei modelli rispetto al passato anche prossimo. Ma è con Cyberpunk25 che il nuovo corso si palesa con decisione. Eccetto un singolare tentativo di stampo avanguardista, tutti i racconti pertengono scopertamente alla letteratura d'evasione. Almeno due di essi, peraltro, sono ad un livello piuttosto alto di scrittura, mentre non manca l'esempio di manierismo e quello appartenente alla nuova strutturazione da videogame. Il dato più evidente, allora, insieme allo spostamento di baricentro dalle scienze soft (umane) a quelle dure, è l'afferenza pressoché totale alla maniera postmodernista, di cui la strategia narrativa maggiormente utilizzata è quella del gioco. Si potrebbe forse scorgere, in questo, oltre alla detta volontà di un antitetico cambiamento di percorso rispetto al passato, anche una sorta di distanziamento dalla materia narrata. Allontanamento che potrebbe a sua volta derivare dalla consapevolezza dell'effettivo ritardo su argomenti cui sembra non ci sia oramai più niente da aggiungere continuando a trattarli in quella modalità; oppure, la distanza potrebbe essere sintomatica di una diversità culturale congenita rispetto ai modi americani (secondo Flajano, «…noi siamo italiani, latini, abbiamo ancora uno spirito umanistico, ci burliamo persino di ciò che ci può spaventare»).26

Fatto sta che Terzo Millennio,27 un'antologia uscita appena un anno dopo, sembra ridimensionare il fenomeno cyberpunk, cominciando a porlo nella misura di semplice corrente (seppure con possibilità innovative più o meno latenti). Innanzitutto, appare notevole che la suddivisione interna in categorie separi i racconti di fantascienza da quelli cyberpunk, e che, soprattutto, questi ultimi vengano inseriti sotto il titolo Cyberdintorni. Anche se il livello delle storie ci sembra risulti del tutto medio, altrettanto notevoli, tuttavia, appaiono alcuni segnali che si manifestano in entrambe le sezioni. I racconti fantascientifici, dal canto loro, segnano una timida ma convinta ripresa delle istanze umane, specie sociali e antropologiche, insieme alla riconferma di alcune marche moderniste e New Wave. Cyberdintorni, d'altro canto, propone la particolarità più foriera di sviluppi. Accanto a due storie di evidente stile cyberpunk postmodernista, ne compaiono infatti altre due dove alcune tematiche che già erano state inerenti a quel genere sembrano ora uscirne per assestarsi su differenti binari. Si tratta di tematiche estrapolate e metaforizzate direttamente dalla realtà contestuale, secondo il procedimento usuale della fantascienza, ma che erano per lo più (anche se non esclusivamente) passate attraverso il cyberpunk puro prima che ci si cominciasse a riflettere sopra in altri termini, modalità e forme narrative. Anche qui, allora, specie nella storia di Vittorio Catani, si affaccia la New Wave, come se il postmodernismo non fosse stato che un momento di passaggio, e il cyberpunk (letterario) una corrente interna che è andata ad affiancarsi ad altre correnti, instaurando con esse un rapporto osmotico, e pertanto lasciando tracce di sé nei racconti successivi alla sua più piena affermazione.

Verso la fine del '97, tuttavia, è uscito Tutti i denti del mostro sono perfetti,28 che sembrerebbe, almeno nelle intenzioni, voler radicalizzare la nuova tendenza all'evasione, anche al di fuori dell'alveo puramente cyberpunk. Il curatore Evangelisti, difatti, è stato tra quelli che con decisione hanno promosso il nuovo corso, convinto che la via della fantascienza italiana fino agli anni Novanta era stata, sostanzialmente, «la noia». Il progetto dell'antologia è stato allora di riunire, per quell'intento, gli autori di fantascienza dell'ultima (e penultima) generazione insieme ad alcuni autori della letteratura mainstream (Ammaniti, Scarpa e Voltolini). La raccolta, per lo più, sembra mantenere le promesse. Ciononostante, gli scrittori menzionati sopra approcciano al genere secondo la loro personale poetica, che in effetti appare abbastanza riduttivo definire interamente d'evasione. Inoltre, vi sono due tentativi, in embrione, di dare più peso alle questioni sociali all'interno della modalità cyberpunk, anche se l'uno poco convinto e piuttosto leggero e l'altro decisamente velleitario; e vi sono poi due esempi á la Calvino, che sembrano rientrare nell'epigonismo invalso proprio in quegli anni tra alcuni scrittori mainstream. Da ultimo, vi è da notare che Luca Masali e lo stesso Evangelisti, forse non a caso tra gli scrittori di maggior successo, si inseriscono in una categoria a nostro avviso un po' particolare. Definiremmo la loro letteratura a metà strada fra l'evasione avventurosa (peraltro di qualità assai elevata) e la fantascienza cognitiva: diciamo che essa potrebbe costituire un invito alla cognizione (assimilandosi, in questo, a modalità proprie del fumetto). A ben vedere, questa via intermedia, nel suo principio piuttosto che negli ambiti di realizzazione, sembra anche quella dei citati Ammaniti Scarpa e Voltolini (soprattutto degli ultimi due); con la differenza, per quanto concerne i modi, che mentre i due termini da una parte risultano amalgamati fra loro, in Masali ed Evangelisti appaiono invece come giustapposti. L'invito, allora, riesce di più facile individuazione (e forse è questa l'impronta della Trivialliteratur), e si incardina, come ci si sarebbe aspettato, su due questioni assai vicine all'umano: la storia e la politica.

Sull'amore è invece incentrata Sesso alieno,29 una raccolta del '98 di racconti improntati al divertissement, tra fantascienza ed erotismo (anche hard). Molto importante, per noi, rilevare un percorso di lunga durata, riscontrabile ricordando l'edizione, ventisette anni prima, di Amore a quattro dimensioni. Fantamore all'italiana. Ci sembra che la persistenza di determinate tematiche possa essere ravvisata anche confrontando l'idea alla base del racconto di Nico Maccentelli con quella, molto simile, che informa una storia di Aldani dei primi anni Sessanta (ne I labirinti del terzo pianeta). Segni della vecchia maniera si rintracciano inoltre nello scarso intervento della fantascienza in alcuni racconti, nonché nella presenza, seppur lieve, di una volontà del sociale e di una tensione al simbolismo. Tuttavia, in altri racconti compaiono precisi sintomi di una più profonda e decisa penetrazione dei dati tecnologici nell'immaginario letterario, che ci pare rispecchiare quanto avviene nell'ambito del reale: tanto che gli elementi cyber riguardano precise estrapolazioni dal contesto contemporaneo.

Del 1999 abbiamo infine due antologie, Sangue sintetico e I Mondi di Delos.
Sangue sintetico30 sembra segnare la fine, anche per l'Italia, del cyberpunk come genere letterario. Infatti, tutte le sue trovate, le sue idee e metafore risultano oramai assimilate in contesti narrativi più tradizionali, e secondo gli schemi tipici della fantascienza. Di una fantascienza, anzi, tipicamente italiana, in quanto le storie paiono raccogliere le caratteristiche del periodo precedente agli anni Novanta, in special modo quelle che si discostano dai parametri che abbiamo tracciato come ideali. Difatti, si viene ad avere una divaricazione tra racconti d'evasione avventurosa (qui improntati su tematiche cyberpunk oramai del tutto accolte nell'ambito puramente fantascientifico, e forse con un minimo in più di accorgimento riflessivo alla maniera nostrana), e racconti in cui il moralismo socio-politico è così scoperto e didascalico da riuscire fastidioso, anche quando si tenta di celarlo dietro strutturazioni pseudo-moderniste. Si salvano, a nostro avviso, alcuni divertenti sperimentalismi linguistico-formali, e due racconti in cui un alto livello stilistico dona spessore a trame altrimenti di semplice consumo (pensiamo in particolare a Domenico Gallo). Significativo, poi, ci sembra il racconto di Catani, che risalendo al 1985 ma presentando tratti che diverranno poi di dominio del cyberpunk, ci consente di tracciare la già vista linea di lunga durata anche per la tradizionale fantascienza sociologica, che è sembrata allora, come abbiamo rilevato anche prima, continuare come corrente solo momentaneamente sotterranea, ma ricettiva ai temi e alle tematiche della contemporaneità tanto storica quanto letteraria, e pronta insomma ad acquisirli per rifletterci sopra.
Proprio questa falsariga sembra improntare l'altra raccolta, I Mondi di Delos.31 Qui, infatti, alla maniera delle vecchie antologie, sono messi insieme racconti in grande eterogeneità: horror e fantastico-surreale, modernista e sociologico, New Wave e postmodernista, cyberpunk con venature umaniste e post-cyberpunk più umanistico ancora. Anche qui, inoltre, appare significativo il recupero di alcuni vecchi racconti per lo più sociologici, a voler rimarcare la detta lunga durata; nonché, risulta della massima esemplarità il fatto che secondo noi i racconti più interessanti (e questa volta riusciti) siano proprio quelli di marca sociale, e che essi appaiano costruiti con stilemi formali vicini alla New Wave e al già visto equilibrio tra modernismo e Trivialliteratur, ma con caratteri tematici derivati da quelle estrapolazioni sulla contemporaneità (anche tecnologica) che già erano state patrimonio del cyberpunk.
Proprio racconti di questo tipo, del resto, sono quelli che ha composto negli anni Novanta Curtoni, autore le cui opere rappresentano dunque quella lunga durata che attiene alle stesse coordinate fondanti della fantascienza. Di nuovo, allora, non possiamo che essere d'accordo con Evangelisti, quando afferma che «ciò che non cambia è proprio la crisi d'identità di fronte all'anomia, alla trasformazione troppo rapida e radicale, per essere introiettata, di strutture e sistemi. [...] Proprio questa è la tematica centrale della narrativa di Curtoni, capace di resistere al tempo».32

 

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IV. Conclusioni

Il percorso della letteratura cyberpunk, così come lo abbiamo tracciato, pare dunque rientrare nel tradizionale schema storico-evolutivo della fantascienza, per cui vecchi e usurati temi e canoni, che hanno esaurito il loro «quoziente informativo dell'elemento scientifico-tecnologico»,33 vengono rimpiazzati da altri, da nuove invenzioni, trovate e così via, tanto concettuali quanto formali. In un primo momento, secondo questo modulo, l'elemento umano tende a porsi in disparte, per dar modo a quelle novazioni di esplicarsi nell'intera loro portata. Ma quando esse cominciano ad inflazionarsi, ecco comparire le riflessioni sulle loro conseguenze e sui loro effetti sull'uomo, un maggior riguardo al dato umano.
Intenzioni e progetti, insomma, sembrano aver rivelato la loro scarsa applicabilità.
All'inizio degli anni Novanta, Sterling in un articolo/manifesto proclamava che «il convincimento antiumanista nel Cyberpunk non è semplice ostentazione letteraria […]. È un fatto oggettivo che riguarda la cultura nel tardo ventesimo secolo. Il Cyberpunk non ha inventato nessuno scenario: lo ha solo riflesso».34 In verità, però, il semi-umano, l'artificiale, la compenetrazione e l'interfaccia tra uomo e macchina, tra reale e virtuale, non ci sembra riguardino (ancora?) la realtà ai livelli ontologico ed epistemologico, in quanto la loro fattualità ed operatività sul piano della prassi sono semplicemente in via di formazione. Ci pare presto, allora, per pretendere come già avvenuta una sostituzione del soggetto umano e non piuttosto una, ennesima, ridefinizione del concetto di identità, che magari comporti «un nuovo umanesimo in sintonia con lo spirito scientifico».35
Una ridefinizione, allora, che riguardi appunto anche la letteratura, che esiga un modo proprio di essere espressa, una forma che sia a lei congeniale e distintiva. E non crediamo, nonostante quanto reclamato da più parti, che la forma assunta dalla letteratura cyberpunk riesca ad assolvere questo compito. Ci sembra, in definitiva, che il postmodernismo sia sì riuscito a rendere e a mettere in opera un legame di similarità e corrispondenza con i risvolti più spettacolari del cyberpunk e con le sue pretese antiumaniste. Tuttavia, a meno che veramente non si pensi che l'uomo del futuro non avrà «il tempo di coltivare un'intensità interiore»,36 ci pare che le tematiche più profonde abbiano reso e rendano necessario uno stile ancora classico, o uno che si sia avvicinato alla maniera modernista.
Oppure, al limite, potremmo avanzare l'ipotesi probabilmente ardita che una modalità in grado di dare forma adeguata ad un genere i cui contenuti hanno presentato un'oggettivazione di vecchi piani metaforici (così come sembrerebbero volere la logica ed i procedimenti dell'ambiente digitale ed informatico), e una creazione di metafore nuove, interne appunto a quell'ambiente e ai suoi riflessi sulla società, andrebbe forse cercata in un nuovo mezzo, realizzata con un nuovo supporto. La stessa fantascienza cyberpunk, del resto, pare suggerircelo ed indicarcelo.
Per il momento, in Italia qualcuno sta parlando di Avant-Pop, mentre qualcun'altro sta tornando ad invocare una fantascienza che investighi l'animo umano, dimenticando «la tecnologia e la scienza perché queste sono già futuro nel tempo presente»; e parimenti si proclama che «la Fantascienza deve guardare alla scienza sotto un profilo umanistico/etico/morale», allo stesso tempo proponendosi «al pubblico come genere letterario medio/alto e non di semplice consumo».37 A noi sembra che questo ritorno alla modalità tradizionale sia in effetti avvenuto. Ugualmente, però, crediamo che il cyberpunk e le nuove assunzioni degli anni Novanta abbiano lasciato una significativa, e secondo noi positiva, eredità, consistente nell'intento di una maggiore attenzione al dato tecnologico e di un più diretto coinvolgimento, alla maniera popolare, nella fattuale realtà contemporanea. Il risultato, a nostro avviso, è consistito nell'aver reso più interessante la fantascienza italiana, e di aver alzato il livello generale del racconto.

 

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Giugno-dicembre 2002, n. 1-2